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virtù. Né è come con l’uso della parola “mafiosa” riferita ad una


            bella ragazza, fino a 50 anni fa in Sicilia. Oggi il termine è usato

            unicamente per definire ben altro!


            L’appropriatezza del vocabolo cattiveria è quello attribuita dai

            bambini. Si sostiene sulla rivista “primo amore” che “i singoli,

            come  le  società,  sono  disposti  a  riconoscere  dentro  di  sé  la


            presenza  della  crudeltà,  della  violenza,  e  a  dare  ad  esse  una

            valenza «naturale» e positiva nello sviluppo della vita, aiutati in


            questo  dalle  scienze,  dalla  filosofia,  dalla  letteratura,  dalla

            psicanalisi,  dalle  teorie  economiche,  politiche  e  sociali,


            dall’etologia ecc.… Sono molto meno disposti a riconoscere la

            presenza  dentro  di  sé  di  certe  piccole,  impresentabili

            inclinazioni  cui  sono  stati  dati  nomi  più  infantili  e  meno


            culturalmente protetti, come è appunto quello di «cattiveria». È


            vero: è vero anche che alcune esasperati comportamenti o giochi

            della mente che sottendono sofferenza acuta, assumevano una

            dimensione più equilibrata nel contesto delle idee dominanti e


            cioè delle ideologie.
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