Un attento notista politico che
scrive su Repubblica- Edizione Napoli- ha osservato che il
Partito democratico è “prigioniero di un narcisismo impotente”.
Un gruppo dirigente ripiegato su stesso che si compiace del
ruolo che svolge facendo finta che la sconfitta elettorale
appartenga ad altri. Un partito, stranamente, distante dalla
lotta alle diseguaglianze che invece dovrebbe essere la sua
“bandiera identitaria”.
Il gruppo dirigente del Partito
che appare in TV e le “figurine” che intervengono nel dibattito
parlamentare richiamano alla memoria un capolavoro della
letteratura russa: le anime morte di Gogol.
La rappresentazione di Gogol
potrebbe essere utilizzata pari pari per rilevare in modo
metaforico e fantastico l’essenza vera dei dirigenti di prima
linea del PD.
Come chiamare questi “leader” (per
fortuna non tutti – anzi si registrano lodevolissime presenze ma
poco valorizzate) distanti dai problemi veri, ma sempre
sorridenti e con le sembianze accuratamente levigate (solo Letta
trasmette pathos e ricerca di un pensiero politico), se
volessimo tentare un’allegoria del vuoto e del non essere?
Ci sorreggerebbe senz’altro il
richiamo alle anime morte.
Presenze, queste, come le anime
morte, vive solo ai fini fiscali.
Ci vorrebbe qualcosa capace di
esprimere un gesto in grado di rivitalizzare il desolante
paesaggio del PD, come quello della Russia descritta da Gogol.
Il Congresso non potrebbe
affrontare il problema e decidere di ipotecare queste anime
morte e con il ricavato comprare anime vive?
Ma si nutrono seri dubbi che ciò
possa accadere. Ma è lecito sperare!