Un
articolo di Ilvo Diamanti pubblicato qualche
giorno fa su Repubblica riporta l'esito
di un sondaggio effettuato da Demos. Vediamo di cosa si tratta. L'Autonomia
differenziata registra "un atteggiamento del
tutto positivo
nel Nord del Paese, ma positivo anche
nel Centro Sud e nel Sud". Che dire? Tutti quelli che hanno non un po' di
cultura - non tanta, un poco - sanno che l'Autonomia differenziata è
una vera sciagura per il Sud. Ho letto di recente sul tema
un'onesta intervista del professore
Sandro Staiano, coordinatore dell'Osservatorio
sul regionalismo differenziato della Federico
II, il cui allarme condivido pienamente. D'altra
parte, oltre ad alcuni organi
terzi, ultimo in ordine di tempo la
Corte dei
Conti, sono i numeri, che solitamente
non ingannano, a certificare
la dimensione della sciagura.
Entro tre anni dall'approvazione
del provvedimento, Lombardia,
Veneto e Emilia-Romagna riceverebbero
dallo Stato 2,7 miliardi in più, mentre il Centro Sud perderebbe
risorse per un ammontare di 3,3 miliardi.
Ma perché il Sud che con tale provvedimento
verrebbe a perdere una cifra così alta, l'Autonomia,
la predilige? Semplicemente perché tali
dati non li conosce. Frastornato da questo
clima emotivo di egoismo, di ignoranza e di interventismo
seriale che
si respira nell'intero Paese, dai talk
ai social, il Sud sembra come sbracarsi. Ovviamente non
tutto il Sud ma una buona parte. Colpa
anche della classe dirigente che non ha
saputo
indicare con la dovuta efficacia i
pericoli contenuti nel provvedimento.
Toccherò
velocemente i tre temi appena citati, cominciando
dall'egoismo. Non è mai esistita
al Nord una classe dirigente tanto egoista. I ragionamenti di Zaia, Fontana e dello stesso Bonaccini,
che leggiamo da mesi sulla stampa, fanno accapponare la pelle.
Non rispetto all'impegno unitario di De Gasperi, di Vanoni - il
confronto
avrebbe un che di sacrilego - ma anche
rispetto a più modesti
personaggi settentrionali del nostro tempo. La presenza in
Italia di un partito
come la Lega, con le sue rivendicazioni
separatiste, insediato
nel Nord produttivo con i suoi potenti media e
la loro conseguente capacità persuasiva
ha causato guasti ingenti nella psicologia credulona del Paese.
Il Sud, sottoposto a una tambureggiante demonizzazione quasi
trentennale è diventato solo un concentrato di negatività. Un
grumo repellente che assembla il costo decuplicato delle
siringhe negli ospedali alla criminalità organizzata. La quale,
a sua volta, ha cancellato l'idea sentimentale del Sud emersa
nel dopoguerra attraverso gli scrittori del tempo e ha
irrimediabilmente peggiorato la vita dei meridionali onesti.
Ingiustamente
assimilati in un giudizio frettoloso
alla società che delinque. Alcune straordinarie realtà positive
che pure esistono
nel Sud non sono in grado di cancellare
quell'immagine maleodorante che sembra
aleggiare sull'intero territorio.
Quindi l'ignoranza. Il livello culturale
degli italiani - l'ho scritto tante volte ma il tema è cruciale - si è
vertiginosamente abbassato nel corso
degli ultimi
anni. Nel Sud in particolare
l'impoverimento che ne è conseguito è stato mortale. In
Calabria un bambino su due, attratto dall'immagine, aborre la
lettura e
fa di conseguenza fatica a
comprendere un testo scritto. Di fronte a
una domanda all'apparenza semplice,
posta dal sondaggista: "E' d'accordo nel concedere una
maggiore autonomia alle regioni che l'hanno richiesta?" i
meridionali che rispondono corrivi in maggioranza "sì" dovrebbero
saper qualcosa sui costi standard, sulla spesa storica, sul
fondo perequativo, sui diritti di cittadinanza che la
Costituzione, ancora vigente, prevede nell'intero territorio
nazionale. Dubito che abbiano compreso appieno i rischi che
corrono. A una domanda del genere la maggior parte dei cittadini
meridionali avrebbero
dovuto limitarsi a due risposte. O dire
onestamente "non so", oppure, attingendo a un'antica sapienza
contadina, rispondere "no": in un'Italia che ritorna
drammaticamente divisa, un'Autonomia che conviene
al Nord non può convenire
anche al Sud. E qui interviene un terzo
elemento, l'interventismo seriale che sembra aver soggiogato
giovani e meno giovani del nostro Paese e del mondo intero.
Quella voglia forsennata di affrontare, stimolata in
particolare dai social,
i temi complessi del nostro tempo senza
un minimo di competenza, spesso con un'assurda
carica di odio. Il simbolo planetario di
tale atteggiamento è Trump. C'è però da registrare una
positiva novità in questo mondo. Almeno nella
scelta del linguaggio. Un delizioso articolo di Riccardo Luna su
Repubblica ci informa che Jack Dorsey uno dei fondatori di
Twitter ha affermato che presto sarà Obama, che, ricor-do, non è
più Presidente degli Stati Uniti da due anni e mezzo, l'uomo che
avrà più follower al mondo. Un personaggio che in occasione
della recente morte della scrittrice afroamericana Toni Morrison
ha scritto su Twitter: "Era un tesoro nazionale. Che dono
respirare la sua stessa aria, anche solo per un po' ". Non una
frase di circostanza, un verso.