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Mondo complesso
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Il mondo è complesso e semplificarlo è
opera dannosa inutile, soprattutto presuntuosa ed infine
diabolica.
Di quale mondo? del mondo, di quello che
immagini di primo mattino o quello sognato la notte o quello
incupito e spaventoso dell’incubo o quello del meriggio dopo le
delusioni e le speranze o quello della fine del giorno in parte
consolante in parte deludente come tutti i giorni di tutti gli
uomini.
La conoscenza dei territori e dei suoi
abitatori si può dilatarla, incoraggiarla, approfondirla, ma la
conoscenza del territorio più vasto e più profondo, quello
dell’intimità, è
difficile e complessa.
Ma a che serve la conoscenza della
intimità?
Non è domanda inutile se da più tempo e
volentieri della intimità ne facciamo a meno, anzi la
tralasciamo e la riponiamo nel luogo delle cose fastidiose
perché inutili.
Calarsi nel cunicolo da un piano di
campagna pieno di luce e lussureggiante odoroso di resina e
alimentato dal vento basso lento ed impolverato, ci vuole del
coraggio ad immergersi e non sappiamo per quale tratto, per
raggiungere profondità tali da misurare l’ambiente dove diventa
intimo lo stesso odore della terra nuda, immerso nella oscurità
progressiva piena zeppa di presenze invisibili che affollano uno
spazio percepito sempre di più come occupato dal brulichio di
vita inusitata e non conosciuto. Che accetta l’idea di muoversi
ma non di transitare perché la compattezza della terra comprenda
tutta la vita, anzi che la vita diventi la solidità della terra
senza buchi e discontinuità.
Lì in fondo si perde ogni possibilità di
sognare una terra che sprofonda, una terra che scavi e scavi,
non raggiungi un fondo e continui nel tentativo di fermarti ma
senza riuscirci. E’ il senso della ricerca dell’intimità che ti
spinge e davanti alla inutilità del trascorrere del tempo, ti
viene voglia davvero di fermarti e non ascoltare ma di esser
cosciente dell’essere solo.
Quale intimità maggiore del sentirsi soli,
intimamente soli tanto da diventare fisicamente soli !!
Si può continuare per molto tempo ad
immaginare così una santità del sottosuolo, dove non ha senso
accorgersi di una barba che cresce o di unghie che crescono di
occhi che non vedono più, ed ha senso invece continuare il
viaggio guardandosi dentro, dentro come in una unica scatola
cinese.
Adesso probabilmente non ti ode nessuno,
nemmeno ti ode la tua stessa coscienza, sprofondata come è nel
doppio cilindro dello scavo della terra e dello scavo nella tua
anima; in beatitudine non ascolti nulla più, come quando le
anime volano in cielo con la morte del corpo.
Solamente che stavolta il viaggio
dell’anima è più breve perché è più piccola l’anima stessa,
forse il viaggio è più impegnativo, ma più breve bastando
immergersi in basso e non volare in alto.
Volando si ritiene di essere un’altra cosa
rispetto al creato per sopravvivergli pur senza essere Titano,
invece immergendosi nella terra si ritorna al tutto, tutto
finendo tutto iniziando di nuovo dalla coscienza, finalmente
dalla coscienza di sé, piccola infinitesima, compresa unicamente
nella intimità della terra.