di Massimo Fragola è stato presentato a Cosenza in un
incontro organizzato da Francesco Capocasale ed introdotto
da Gaetano Sorcale. L’autore nella sua introduzione aveva
avvertito che pur essendo nato in ambiente universitario, il
testo era lungi dall’essere una ricerca per addetti ai
lavori: piuttosto un pamphlet divulgativo a beneficio dei
cittadini.
Ho letto il libro ed ho verificato la giustezza della
formula utilizzata per un lavoro in forma “antologica” sul
tema. La serenità della trattazione dell’argomento, malgrado
l’attualità, ha reso la lettura ancor più agevole.
Una prima nota:
“occorre mettere la persona al centro della integrazione
europea e della coesione sociale giacchè la dimensione umana
dello sviluppo è stata trascurata o ritenuta meno rilevante
rispetto alla preminente esigenza di crescita economica”.
Incontrovertibile; giacchè l’Unione Europea nasce in
reazione al precedente periodo bellico ed alle nefandezze
che si conoscono. In più, come Croce avvertiva che “non si
può non dirsi cristiani” non si può oggi non essere convinti
di essere europeisti in quanto europei. Fuori dall’idea di
Europa, potrebbe invadere ancora lo spettro della inciviltà,
la fine della pace, la paura del vivere insieme, la voglia
sciovinista di dominio.
Una seconda nota:
“Spetta alla U E contemperare il regime di mercato con il
principio solidaristico, trovando il giusto equilibrio nella
ripartizione delle competenze tra il processo di
integrazione europea e la sovranità statale”.
Infatti, l’idea di Europa somiglia all’idea di democrazia,
quest’ultima evocata per tutelare la libertà individuale e
di tutti. Ma nulla è definitivo.
Una terza nota:
“siamo passati dall’internazionalismo e dalla tendenza al
cosmopolitismo ed al
multiculturalismo al loro contrario nello scenario della
globalizzazione”.
Nella transizione, prima del 1989, irrompeva la teoria
economica del “piccolo è bello”; nel frattempo, con la fine
della guerra fredda, si avviava il globalismo economico e la
concentrazione dei poteri finanziari più che di quelli
economici. Risultato, decadenza e impoverimento di ceti fino
ad allora protagonisti delle politiche di sviluppo non
solamente economico e rimpicciolimento del numero dei
potenti.
Ci dibattiamo in tale coacervo di fenomeni, contradditorio e
presentato come inevitabile, tanto da divenire plausibile
finanche l’dea della così detta democrazia illiberale
caratterizzata da “democrazie elettorali” o “democrature”
dove progressivamentesi va impoverendo lo stato di diritto e le aperture
allo sviluppo umano integrale, perciò senza confini. E
poichè il fenomeno è diffusissimo se non planetario,
difficile sottrarsi alle dinamiche di tutela di interessi
circoscritti, individuali e collettivi, fino alle
istituzioni statuali che rischiano di perdere la loro
caratteristica di essere strumentali per assumere la
fisionomia di soggetti prevalenti.
Gran parte dei cittadini, nella indecifrabilità della realtà
e nella imprevedibilità del futuro prossimo, si affida alle
forme populistiche ed a tutto ciò che viene avvertito come
antisistema, per dare un senso alla residua voglia di
reagire allo sconcerto..
Una quarta nota:
la delusione per l’Europa è incombente e va confermandosi
dal momento che la specificazione delle minute regole,
qualunque sia la dimensione degli interessi tutelati, riduce
lo spazio dei principi a cui ispirarsi e si diluiscono,
spesso nella vacuità, le azioni di chi dovrebbe tenere alto
il profilo della missione.
L’ordine liberale che aveva presieduto la firma del Trattato
di Roma del 25 marzo 1957 ed i cui protagonisti furono per
gran parte i cattolici sociali ( Konrad Adenauer, Robert
Schumann, Jean Monnet, Alcide De Gasperi ) appare tanto
sfilacciato da chiedersi se i cittadini europei abbiano
smesso di pensare che l’Europa possa risolvere almeno una
parte dei loro problemi.
Paolo VI parlava spesso di “scopo comune degli uomini”: ove
continuasse di esso lo smarrimento, non residuerebbe che una
misura solamente econometrica e, con l’assenza di sentiment,
tramonterebbe tristemente la stessa dottrina sociale della
Chiesa.
Non basterebbe neanche più contrapporre all’idea di Europa
che poteva avere Carlo Magno, quell’altra idea ricca di
sapienza politica e cultura mediterranea di Federico
Secondo, come spesso sostenuto da Peppino Roma.
Dopo tali due idee non c’è che l’attuale alla quale è
impossibile rinunciare, considerati i rischi incombenti e le
troppe “esclusioni” che si stanno verificando soprattutto in
Italia.
Finchè
“ il mare ritrova le sponde, gli alvei convoglian la piena
dei fiumi, i livelli si abbassano, rivedi spuntare colline;
la terra riaffiora, più l’acqua scende più sale l’asciutto,
e
dopo tantissimo tempo i boschi si rimettono a nudo
le cime degli alberi e il fango rimasto incollato alle
foglie.
Il
mondo è tornato mondo”
Ovidio – Le metamorfosi Libro I° 343-348
- Trad. Vittorio
Sermonti