La Corte Costituzionale dichiarando la illegittimità
costituzionale della norma sul Commissariamento della Sanità in
Calabria non ha negato validità al Commissariamento, anzi né ha
riconosciuto la validità.
Ha censurato piuttosto le modalità della gestione dello stesso.
In buona sostanza non poteva il Governo delegare la Regione a
fornire il supporto tecnico organizzativo e le risorse
qualificate al Commissario tali da soddisfare le esigenze
dell’intervento straordinario, molto probabilmente preesistenti
al primo atto di commissariamento.
Non ha quindi invalidato il Commissariamento sostenendone anzi
la necessità in presenza di carenze vistose della Regione a
provvedere ed attribuendo tali incombenze proprio al Governo
direttamente. Infatti in sentenza si “dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto-legge 10
novembre 2020, n.150 (Misure urgenti per il rilancio del
servizio sanitario della regione Calabria e per il rinnovo degli
organi elettivi delle regioni a statuto ordinario), convertito,
con modificazioni, nella legge 30 dicembre 2020, n. 181,
nella parte in cui non
prevede che al prevalente fabbisogno della struttura
commissariale provveda direttamente lo Stato…”
Infatti la Corte motiva il suo provvedimento di censura con la
necessità della “sostituzione della struttura regionale …con
personale esterno altamente qualificato fornito direttamente
dallo Stato – e di cui sarebbe opportuno che l’onere sia a
carico della stessa autorità centrale, in modo da evitare anche
ogni possibile condizionamento ambientale.