Il Covid ha spalancato la voragine del sistema Italia
che non funziona più da tempo ed il Paese si è marginalizzato
non solamente nel confronto internazionale ed in quello con la
modernità ma rispetto alla sua stessa identità ed alla sua
cultura.
Le congiunture caratterizzano l’economia e gli assetti
sociali e durano il tempo fisiologico in vista dei nuovi
equilibri.
Invece la Scuola ha un tempo di adattamento molto più
lungo e molto più laborioso, riguardando più generazioni sia di
discenti sia di docenti. Il progressivo disfacimento dell’intero
sistema dell’istruzione ha comportato che, come sostiene Galli
della Loggia nel suo articolo di ieri sul Corriere della Sera
“La nostra classe dirigente e il sapere che serve in politica” “una percentuale sempre più ampia della classe politica di
vertice del Paese è composta di individui giovani o
relativamente giovani con alle spalle studi mediocri e per lo
più privi di una buona cultura di base (del resto basta
ascoltarli quando parlano); e che non sono mai stati chiamati a
dare una qualche prova significativa delle proprie capacità e
del proprio carattere…..Quasi sempre la loro presenza in
Parlamento è stata dovuta a una cooptazione basata
esclusivamente sul criterio della fedeltà e dell’obbedienza. …La
misera pochezza della nostra classe politica non viene dal
nulla. Nasce da quello che è diventato il nostro Paese negli
ultimi decenni. Nasce …dalla crescente incapacità delle
istituzioni educative.”
La caduta del sistema educativo e scolastico è
contemporanea alla crisi del ceto medio che dalla Scuola aveva
ricevuto, dal dopoguerra, impulso per un efficace protagonismo
professionale e politico, consapevolezza del suo ruolo sociale e
che ha coinvolto nella cadenza progressiva l’intero corpo
sociale.