Postfazione al libro - di Franco Petramala

“Pensiero e impegno sociale in San Francesco di Paola”

di Francesco Terranova

Postfazione di Franco Petramala

Migliaia di titoli sono elencati nella bibliografia su Francesco di Paola. Me ne sono domandato il perché. Credo che la risposta plausibile risieda nel suo carisma da cui la sua popolarità in vita e dopo.

Prima che Santo, Francesco fu un santuomo e tale fu considerato. Vero è che l’esser santuomo precede la santità, ma la sua umanità è avvertita così rigorosa, così coinvolgente, che ha un valore così umano da mostrare l’abisso dove il mondo interiore e quello esteriore interagiscono.    

Popolarità è l’eredità più significativa di questo santuomo, diventato Santo, la cui venerazione nel Mondo è più diffusa e profonda di quanto non si creda. Sicché ho trovato appropriato il titolo di una breve e devota opera di Piernicola Pietramala: “San Francesco di Paola, Storia popolare della sua vita”.

Francesco Terranova ha avvertito nel suo scritto l’assimilazione di quel’Uomo del l’amore per Dio e per gli uomini, nella espressione divenuta il simbolo della sua predicazione e del suo essere: “Charitas”. Caritatevole davanti a Dio, caritatevole davanti agli uomini, è la simmetria che accompagna Francesco nella sua vita ed è il motivo e la suggestione che suscita l’asceta e il mistico nell’uomo col bastone che fa il bene quotidiano ai bisognosi, rendendo partecipi di questo stato di grazia gli stessi benefattori. Francesco è l’umile autore del soccorso, tanto forte della sua certezza di dedicarsi a Dio, da essere “vero” davanti a tutti, alle avversità ed ai potenti. Dolcissimo verso il Bene assoluto, quello che si può notare nell’uomo di pace e nell’uomo rispettoso della natura, ispirato a quell’altro Francesco, in ciò suo modello.

Commovente perché semplice la Sua risposta a chi gli domandava: ma tu compi miracoli? Rispondeva, “Ne vedo, tutte le mattine: l’alba inargenta le acque e quando il sole sorge per i piccoli uccellini e quando la tavola è offerta, imbandita, agli affamati”.

Nelle Centurie, irrilevante la loro autenticità o meno, si tratta spesso delle lettere di Francesco a Simone Alimena, Signore di Montalto Uffugo. In esse si premettono messaggi di comunione cristiana e di testimonianza  di amicizia, premessa per chiedere qualcosa con il messaggio caritatevole, sempre importante, si tratti della intercessione presso il Grande Gabelliere, inviato dal Re Aragonese del censimento per imporre tributi  o della richiesta, semplice, di concedere una tregua ed un aiuto al povero contadino ricevendo in dono una mucca così da provvedere alle necessità della sua famiglia, divenuta  più numerosa per la nascita di un ultimo figlio.

E’ vero che ogni epoca è turbolenta di avvenimenti e di ingiustizie, ed è vero che l’epoca in cui Egli visse, lo era in grande misura, ma è vero che la caratteristica di ogni tempo è proprio la turbolenza e il dilemma fra l’ansia del vivere comunque e la lotta per il bene universale: appropriata l’insistenza con cui Francesco Terranova dipinge l’opera sociale del Santuomo e insieme la “felice” dedizione del Santo a Dio.

“L’opera e la sua santità” avrebbe potuto essere il titolo di questo excursus di Francesco Terranova sui temi sociali di oggi che ci suggerisce cosa dovremmo testimoniare, ispirandoci all’esempio di San Francesco di Paola. Ad onta di quanti ritenessero insuperabili le difficoltà dovute alle prepotenze dei potenti, alla loro invincibilità, alla loro supponenza.

L’attualità della potenza della “Charitas” del Santo è sintetizzabile, e Terranova ne racchiude il senso, nella lettura del “Torquemada” di Victor Hugo, tradotto da Oreste Parise.

“Cosa importa della morte degli altri! Io ho la vita…Morte, io ti voglio dimenticare; Dio ti voglio dimenticare, ti voglio ignorare; si per me la vita è un frutto da divorare. Vivendo sono subito felice; dalla morte io fuggo”. E Francesco risponde semplicemente: “Chi è questo bandito?” per nulla intimorito che si riferisca al potentissimo Borgia.

Cosa è tutto ciò? semplicemente la Nous, l'Intelligenza, il valore dell’idealità che ha in sé la forza della sua autonomia, ben custodita dalla comunione con Dio, chiunque sia il viandante verso la grotta in cui celebrare il suo ascetismo, cristiano e non. Il senso del saggio d Francesco Terranova è tutto ispirato alla universalità del sentimento umano, mai abbastanza umano.

 Franco Petramala