DE CARDONA,
Carlo. - Nacque il 4 maggio 1871 a
Morano Calabro (Cosenza) da Rocco e da Giovannina Ferraro in una
famiglia della borghesia rurale. Conseguita la licenza
ginnasiale a Castrovillari e la maturità classica a Cosenza, nel
i 890 si trasferì a Roma, dove si laureò in filosofia e teologia
alla Pontificia Università gregoriana e conobbe il movimento
democratico cristiano di R. Murri. Fu ordinato sacerdote il 7
luglio 1895 a Cassano Ionio e dal settembre di quell'anno fino
all'ottobre 1911 fu segretario particolare di mons. C. Sorgente,
arcivescovo di Cosenza. Nel 1898 fondò La Voce cattolica,
settimanale di intonazione democratico cristiana e murriana, di
cui divenne direttore nel 1899. Su di esso il D., che curava la
rubrica "La Domenica del popolo", sotto lo pseudonimo di
Demofilo, si occupò soprattutto dei problemi del lavoro, della
condizione degli operai, dei contadini, degli emigrati. Nel 1901
fondò la Lega del lavoro, di ispirazione cattolica ed aderente
all'Opera dei congressi.
Essa era composta da gruppi professionali e univa, in sezioni
distinte, operai e contadini, con l'esclusione di possidenti e
borghesi: era inoltre articolata in sezioni locali, dipendenti
da un consiglio centrale. La lega si proponeva l'istruzione
degli operai, il miglioramento delle condizioni morali,
economiche ed igieniche del lavoro, l'incentivazione della
cooperazione ed il collocamento dei disoccupati.
Nel 1902 il D. fondò la Cassa rurale di Cosenza, come
complemento delle leghe per l'emancipazione economica e politica
dei lavoratori. Nel 1904. lasciata la direzione de La Voce cattolica, fu
candidato ed eletto alle elezioni comunali a Cosenza, rimase nel
Consiglio comunale fino al 1920, ricoprendo la carica di
assessore alle Finanze dal 1908 al 1912. Fu inoltre consigliere
provinciale dal 1905 al 1923. In occasione delle elezioni
politiche ed amministrative egli sostenne sempre, già prima del
Patto Gentiloni, la necessità di candidature cattoliche, per
contrastare i gruppi socialisti, repubblicani e liberali, con i
quali non credeva si potesse arrivare ad una convergenza.
Nel 1905 il D. fu promotore della fondazione del periodico della
lega cosentina,
Il Lavoro e nel novembre dello stesso annio aderì
alla Lega democratica di Murri e G. Fuschini.
Nell'azione sociale dei D. la
Rerum Novarum rappresentò il punto di partenza per
un radicale rinnovamento della Chiesa, attraverso l'alleanza con
le masse popolari. Per lui democrazia cristiana non era solo un
movimento di idee e di fatti nel campo economico, ma un radicale
rinnovamento nelle coscienze, nell'economia, nella civiltà,
secondo lo spirito cristiano.
Nel 1906 promosse il primo congresso provinciale operaio, che si
tenne a Cosenza nel marzo; il congresso si proponeva di dare
all'organizzazione una precisa base economica, costituendo una
cooperativa in ogni lega. Fu in questa occasione ribadito il
concetto fondamentale che tutte le leghe dovessero essere
composte di soli lavoratori, principio che il D. difendeva anche
l'anno seguente, al congresso dei giovani cattolici a Benevento.
Quando l'enciclica di Pio X Pieni l'animo (1906) condannò
la Lega democratica,
La Voce cattolica dovette sospendere temporaneamente
la pubblicazione, alcune diocesi calabresi furono messe sotto
inchiesta e nel 1908 il D. fu costretto a lasciare
l'insegnamento di filosofia presso il seminario.
Sul finire del 1912, su invito dei deputati G. Montini e G. M.
Longinotti, si recò nel Bresciano per conoscere le esperienze di
un movimento cattolico così fiorente. Nello stesso anno, come
presidente della Cassa rurale federativa di Cosenza, avviò a
soluzione la crisi della Cassa di risparmio e finanziò la
costruzione dell'impianto idroelettrico di San Pietro in
Guarano.
Terminato l'impegno nell'amministrazione cosentina, il D.
partecipò, nel gennaio 1913, al primo convegno cattolico
calabrese.
Nel suo intervento sostenne che proprio le arretrate condizioni
economiche della Calabria avrebbero potuto favorire la
penetrazione del movimento sociale cattolico, propose la
costituzione di leghe del lavoro in tutta la regione e
l'esclusione da esse di possidenti e notabili. L'assemblea
accolse la mozione del D., deliberando l'istituzione di casse
rurali e cooperative agricole, ma respinse il principio di
classe.
Nell'ottobre 1914 il D. fu chiamato a far parte del consiglio
direttivo dell'Unione popolare. Nel mese successivo, a Genova,
era relatore ad una serie di riunioni sul tema dell'azione
cattolica nel Mezzogiorno, dove fissava i seguenti criteri:
promuovere l'azione economica, attraverso il piccolo credito ed
il risparmio; educare i lavoratori al senso della collettività.
Nello stesso anno partecipò, con L. Sturzo, M. Cingolani e B.
Lucarelli, al Segretariato di propaganda dell'Unione popolare
per il Mezzogiorno. Nell'ottobre 194 fu ricevuto in udienza
privata da Benedetto XV, che ebbe per lui parole di
incoraggiamento.
Fra il 1914 e il 1915 fu direttore dell'Unione
lavoro, giornale nato dalla fusione tra
L'Unione, giornale curiale, e
Il Lavoro, dietro intervento autoritario di mons.
Trussoni, succeduto all'arcivescovo Sorgente. Il D. intervenne
al congresso regionale del movimento cattolico calabrese, tenuto
a Crotone nel gennaio 1915, dove sottolineò il ruolo della
cultura nello sviluppo della fede cristiana del popolo.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, il D. fu tra i fautori
del pacifismo cattolico. Già in occasione dell'impresa di Libia,
egli aveva sottolineato che la guerra era servita agli
speculatori e nel 1914-1915 ribadiva che i cattolici dovevano
far sentire la loro voce.
Il D. si rifiutò di diffondere le iniziative propagandistiche
sollecitate dal governo Salandra, anche se fece effettuare ai
suoi istituti creditizi sottoscrizioni per il prestito nazionale
e prese parte attivamente al comitato esecutivo per la
preparazione civile alla guerra, istituito per iniziativa del
sindaco di Cosenza. Alla fine della guerra, nel febbraio 1919,
partecipò, con L. Nicoletti, G. Sensi, L. A. Caputo e F.
Sorbaro, alla fondazione della sezione cosentina del Partito
popolare italiano (P.P.I.), nella cui segreteria provinciale
egli entrò nel 1920. L'azione sociale svolta dal D. aveva
infatti gettato le premesse del popolarismo e del partito
autonomo e aconfessionale dei cattolici. Nella sezione di
Cosenza il D. capeggiò l'ala si.nistra, riflutando ogni
collaborazionismo col fascismo.
Nel 1920 guidò le leghe contadine alla conquista di nuovi patti
agrari,, in una vertenza culminata con lo sciopero generale. Il
fascismo distrusse l'opera sociale del D., liquidando le Leghe
del lavoro, il partito e le Casse rurali; egli stesso fu
costretto ad abbandonare Cosenza, su invito di mons. Nogara. Si
ritirò, nel 1935, a Todi, ospite del fratello Ulisse; fu a Roma,
presso il santuario del Divino Amore dal 1938 al 1939, poi a
Collepepe (Perugia) fino al 1940. Tornò a Todi e vi rimase fino
al 1941, quando il nuovo vescovo, mons. Calcara, lo richiamò a
Cosenza. Dopo il fascismo ricomparve per pochi anni nella vita
pubblica: nel 1943 costituì una cooperativa contadina, nel 1945
fece parte, come rappresentante della Democrazia cristiana della
giunta comunale, espressione del Comitato di liberazione
provinciale; nel 1946 fu candidato alle elezioni comunali, ma
non eletto. Ritiratosi a vita privata dopo questo episodio, mori
a Morano Calabro il 10 marzo 1958.