Ho domandato all’amico Fabio se ci fosse in
programmazione un buon film: si c’è, “La zona d’interesse”
diretto da Jonathan Glazer e vincitore di Oscar. Mi dice: è una
visione del mondo che sta fuori dal Campo di Concentramento di
Aushwitz e racconta la vita banalmente serena della famiglia del
comandante del Campo.
La circostanza, invece di rendere più lieve la
sensazione di schifo, mi ha così raggelato che immediatamente ho
deciso di non andare a vederlo. E mi sono ricordato dei migranti
rinchiusi nei campi di segregazione italiani, di cui sappiamo
tanto poco da avere quasi rimosse le loro quotidiane
disperazioni. Anche se, sono certo, nel futuro prossimo verremo
a sapere, e diremo che non ce ne eravamo accorti, come i
tedeschi “piccoli borghesi” della ubriacatura hitleriana. Non
così per i lager ottenuti in Libia.
Stamani ho letto l’articolo di Liliana Segre sul
Corriere della Sera che ha descritto una simile sensazione. Il
male è tanto banale che si è così consolidato nella storia degli
uomini, tanto da “banalmente” essersi ormai confuso con
l‘ordinario loro cinismo senza luce e senza fine.