Solamente dopo un pasto ristoratore ed accolto, si chiedeva il
nome allo straniero.
Ne scrive Peppino Aloise nel fondino del 6 marzo “A Cutro è
morta l’umanità”.
La storia europea è iniziata da quel patto federativo fra Latini
ed Enea, mito richiamato da un articolo del 7 marzo su
Repubblica di F. Gentilini, a commento di un famoso saggio di
T.S. Eliot: il tema è delle Elezioni Europee, sempre che si
abbia l’obiettivo a “rigenerarsi, ritrovare la vocazione a
capire il mondo” uno dei tesori unici della civiltà europea. È
grandiosa l’idea di Enea di immaginare una cittadinanza basata
non sul sangue, ma sulla commistione della cultura orientale con
quella dell’ovest, che continuò con l’inclusione nella romanità
della predicazione di Gesù di Galilea.
L’idea di Europa continuò
con Carlo Magno e poi con Federico II ed il suo sguardo al mondo
semita ed arabo, fino al 1945, allorché la “vocazione a capire”
prevalse, “dopo i due tentativi di suicidio di civiltà”.
Ma l’Europa è in crisi per non coltivare federalismo ed
accoglienza dei migranti.
Oggi si impedisce il pensiero progressivo, in Italia con
l’Autonomia differenziata, con il fermo/immagine dei poteri di
governo del progetto di riforma costituzionale, misure dovute al
declassamento dei partiti a comitati elettorali. Per non dire
della frattura fra aree socio politiche di Nord e Sud,
sfiorandosi la reale volontà di difendere lo spirito
risorgimentale più a Sud che a Nord. Come la frattura fra Russia
e Ucraina; fra Israeliani e Palestinesi, ancora divisi dalla
questione della primogenitura di Abramo fra Ismaele e Isacco, ed
insieme con la stessa Massoneria divisa anche essa a metà, fra
Nord e Sud del suo corpo elettorale.