La parola crea sè stessa - di Maurizio Misasi

il Fondino del 07 ottobre 2024

La parola crea sè stessa

di Maurizio Misasi

Precede la realtà o la segue. Ho letto con interesse il dialogare tra Giuseppe Aloise e Walter Brenner su “res et verbum”. Forse una legittima e condivisibile “geremiade” su “tempora e mores”.  La citazione di Catone “rem tenet verba sequentur” introduce una prospettiva di conseguenzialità ineludibile tra l’argomento, la “res”, e le parole da esso generate. Il titolo reale come seme del discorso.

Eppure c’è un’esperienza umana, quella profetica che annuncia senza conoscere.

Così come negli oracoli di Delfi, la parola aveva riverberi di necessitata ambiguità. Sembrerebbe allora che il contemporaneo disgiungersi della parola dal suo senso stringente possa manifestare il bisogno nuovo dell’uomo contemporaneo di liberarsi dalla logica per generare un nuovo kaos primordiale e generativo per una nuova umanità adveniente. Forse in tal senso va letta tutta la fenomenologia sul “genere” delle cose e delle persone, così come la “cancel culture”. Quasi un bisogno strumentale di disordine orgiastico dionisiaco ed iconoclasta.  Nella speranza del nuovo. O forse si tratta solo di un passaggio traslitterativo delle parole così che viviamo in una tempesta perfetta di parole diventate fluide. 

Byung Chuk Han la chiama la “shit storm” della comunicazione e la conseguente crisi della narrazione; può darsi, e forse bisogna che accada perché è necessario prima perdersi per potersi ritrovare. Chi perde la sua vita la ritroverà.  

La citazione di Nicola Misasi e del suo “Anima Rerum”, mi ha fatto pensare al libro “Non è un paese per vecchi” di  Cormack  Mac Carty, così come all’Anima dei luoghi di James Hilman. C’è un’impassibilità delle cose, leggi luoghi, che restano tali, nonostante le macerie che si dovessero accumulare su esse. Se le nuove parole sdrucciolevoli si sedimentano e stratificano sull’anima antica del mondo, occorrerà tornare a scavare nel profondo alla riscoperta di un nuovo originario originante. Saliamo come Nemo sul Nautilus e scendiamo a ventimila leghe sotto i mari del nostro inconscio collettivo, lì ritroveremo noi stessi.

Maurizio Misasi