IL PREOCCUPANTE, SEMPRE
PIU’ DIFFUSO DILAGARE DI BULLISMO E CYBERBULLISMO.
(1^ PARTE) di Giuseppina Cundari*
L’emergenza In letteratura psichiatrica si impiega il termine
“Bullismo”, in lingua inglese “Bullying”, con il significato di
“ intimorire, intimidire, opprimere” e, tale termine, designa
atti di prepotenza perpetrati da bambini e/o ragazzi nei
confronti di loro pari, soprattutto in ambito scolastico.
Secondo Dan Olweus, psicologo norvegese pioniere degli studi in
questo campo, uno studente è vittimizzato, ovverosia bullizzato,
quando è esposto ripetutamente ad azioni aggressive da parte di
coetanei e/o compagni di classe o scuola.
Il bullizzato viene, deliberatamente, tiranneggiato fisicamente
o moralmente per settimane, mesi o addirittura anni, da un
singolo soggetto ma, più spesso, da un gruppo.
I bulli sono da considerarsi elementi con disagio emotivo ed è
fondamentale individuarli precocemente, al fine di evitare
disfunzionalità comportamentali o franchi disturbi di
personalità nell’età adulta.
Secondo gli ultimi dati della Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS), il fenomeno è in notevole crescita in tutto il
Pianeta e, in Italia, si stima che oltre il 40% degli studenti
di scuole di vario ordine e grado, riferisce di subire un
qualche genere di violenza.
L’età di insorgenza è sempre più bassa e gli atti bullistici,
nella popolazione femminile, hanno subito un inquietante
incremento.
Il bullying assume forme diverse, per cui si può verificare:
a) BULLISMO DIRETTO FISICO, cioè percuotere con schiaffi, pugni
etc. e rovinare gli oggetti personali della vittima (materiale
didattico e/o capi di abbigliamento);
b) BULLISMO DIRETTO VERBALE, che implica la minaccia, l’insulto,
la derisione verso il bullizzato;
c) BULLISMO
INDIRETTO, presente per lo più nel sesso femminile, che
interessa la sfera psicologica della
vittima, non utilizzando schiaffi o pugni ma distruggendone
l’immagine, attraverso la calunnia con pettegolezzi pesanti ed
il conseguente ostracismo del gruppo-classe.
d) CYBERBULLISMO, o bullismo
elettronico che consiste nell’uso del web per commettere
prevaricazione ai danni dell’“Altro”. Le modalità impiegate
consistono nell’uso di messaggi ingiuriosi o minacciosi,
diffusione di fotografie o video, invio di e-mail ai danni del
perseguitato,attraverso telefoni cellulari e computer.
La classificazione psicologica di “bullo” e “vittima” risulta
complessa, a dispetto di quanto si possa immaginare, poiché
accade che lo stesso soggetto rivesta, in momenti diversi della
propria vita, un ruolo piuttosto che l’altro.
Dato certo è che, frequentemente, il persecutore è un individuo
dotato di scadente alfabetizzazione morale, per nulla sensibile
alle esigenze altrui, intollerante alle frustrazioni e, quindi,
al loro successo, emotivamente instabile pur se apparentemente
spavaldo ed abnormemente sicuro delle proprie qualità.
In verità, volendo essere scientificamente precisi, i bulli, si
suddividono in tre categorie:
1) BULLO
AGGRESSIVO, cioè il sopradescritto prepotente, bellicoso ed
analfabeta morale;
2) BULLO
ANSIOSO, a seconda dei momenti della sua esistenza carnefice o
vittima, dotato di scadente autostima ed insofferente agli
avvenimenti del vivere quotidiano;
3) BULLO
PASSIVO o GREGARIO, sobillatore delle prime due categorie ma
incapace di prendere decisioni proprie. E’ colui che, pur di
trovare una collocazione nel gruppo dei compagni, partecipa alle
loro prepotenze, afflitto in seguito da sensi di colpa per le
vessazioni compiute.
Le VITTIME invece, si contraddistinguono per educazione morale e
sensibilità, empatia verso il prossimo, caratteristiche positive
che però vanno a sommarsi ad una loro forte insicurezza e,
quindi, incapacità di difendersi.
Dal punto di vista delle relazioni familiari l’ambiente in cui
solitamente vive il bullo è caratterizzato da modalità
comportamentali di accettazione della violenza fisica e verbale
ed inadeguato coinvolgimento affettivo del nucleo accudente.
Secondo studi recenti, la vittima appare vivere in contesti
iperprotettivi ma, sorprendentemente, sovrapponibili per molte
sfaccettature all’ambiente familiare del bullo, contesti cioè
che nel concreto non seguono lo
sviluppo emotivo dei minori. Teniamo presente che il fenomeno
bullying è il più plausibile predittore di devianza nell’età
adulta e che, tra i bulli, il 50% circa subirà, nel corso degli
anni, rifiuto sociale con devastanti conseguenze sulla
personalità e conseguente marcato pericolo di comportamenti
delinquenziali. Le vittime sono anch’esse a rischio di
emarginazione sociale ma la percentuale scende a circa il 15%,
esprimendo esse sufficienti capacità di recupero nella vita
adulta.
Mi piace terminare questo scritto con una frase di Aldo
Capitini, filosofo, politico, poeta ed educatore italiano che
fu, tra i primi nel nostro Paese, a teorizzare il PENSIERO
NONVIOLENTO, al punto da essere considerato il Gandhi italiano.
Egli scrisse: “ Mi
vengono a dire che il pesce grande mangia il pesce piccolo. Io
non sono d’accordo!”
Giuseppina Cundari
( MEDICO CHIRURGO, NEUROPSICHIATRA DELL’INFANZIA E
DELL’ADOLESCENZA )