Non stiamo a dire,
ma quel colpo rotante d’arte marziale “de noantri” me lo sono
sentito nelle orecchie e nel cervello; ne ho percepito il vento,
probabilmente come tutti
voi, i rumore, il sordo rigonfiamento della cute e poi il cupo
scricchiolio di ossa che stanno per rompersi, nessun dolore
immediato forse soltanto sensazione di freddo del naso
maciullato, colorato dal rossore dei capillari sfilacciati,
cipolla rosso fuoco grondante di sangue interno, rubizzo nasone
di ubriaco impenitente.
Non stiamo a
dire
del bastone brandito, della clava flessibile, dono
dell’esercizio autorizzato dai lunghi allenamenti a tramortire e
non far danni irreparabili, come al contrario la capata,
ammirevole per precisione, frontale diritta all’obiettivo, colpo
di grazia per l’esito prevedibile del tramortimento fatale,
infradiciato a lungo nell’umido sapido di un genere ben
conosciuto del “non sai chi sono io”: quello della
capata..
Non stiamo a
dire
della violenza e di ciò che si nasconde nella coscienza muta di
chi la pratica, della sofferenza totale universale che sempre
sta dietro una violenza tanto violenta, esposta con la
franchezza del “questo sono io”, senza attenuanti invocate o
appena appena accennate, espresse bellamente e celebrate nella
consapevole ripresa della telecamera, testimonianza senza veli
né dubbi e soprattutto esempio di franchezza inequivoca, scena
di ordinario oltraggio.
Non scandalosa perché causa di suono rintronante senza pudicizia
e umiltà ma anche senza cattiveria soverchia, come nel caso di
tortura.
Diverso il brivido raccapricciante nell’immaginare il gemito
sordo disperato e crudele, rassegnato, delle torture a Regeni o
a Uva o a ….
Non stiamo adire ma
se non ci fosse stata la capata davanti a tutti, non tutti
avremmo saputo del come si vive in quel posto.
Non c’è solamente quel posto, tuttaltro ! Ve ne sono moltissimi
altri.
Anzi in ogni posto accanto a chi si nasconde v’è chi prepara la
capata, la minaccia, la esplode e ne ricava motivo di diversità,
spesso e volentieri finalizzata a nutrire i propri interessi ben
evidenti a sé ed a chiunque per rintracciare identità creduta.
Nel medioevo bastava una semplice domanda, “vuoi tu lo tuo dio
?” per sentirti rispondere senza incertezza: “si si certo che lo
volio”.
O nella pratica dell’egualitarismo sociale e politico, quello
utopico o praticato, nessuno poteva pensare cosa diversa da
quella ideologia.
O nelle ideologie della libertà, o nella ideologia della
ricchezza, colonialistica o meno, opportunistica e dissacrante,
le idee dominanti caratterizzavano il sentiero di ognuno.
V’erano devianze, certamente, come quelle di Socrate o quelle
sordide dei predicatori invasati della evangelizzazione per
forza dei nativi americani, ma devianze furono e devianze
restano come quelle nazistiche fascistiche, negazioniste della
umanità.
O l’uno o l’atro, così si dice, ma cosa succede quando si
riconosce che vi è l’uno e l’altro?
Altro che società liquida, sarà un allagamento senza fine che
pervaderà tutto; accanto al probo, sebbene nascosto, coabiterà
il disonesto, infingardo e subdolo, E nemmeno protetto dalle
istituzioni, da un ordinamento ormai disgregato; solamente il
lavorio del bruco-verme kafkiano a succhiare linfa senza che il
corpo apparentemente ne risenta.
Non ci accorgiamo quasi di nulla, nella nebbia il futuro, nella
nebbia il dover subire quotidianamente dai singoli e dal
collettivo con il quale conviviamo, generalmente collusi ed
omertosi; si rimane stupiti che solamente “dopo” si scoprano
scandalose violente e comportamenti distratti dalle persone
“normali”.
Ah… se non ci fosse stata la
capata ! per molti
non vi sarebbe stata rivelazione !