Per ora è un modo di giocare come nel gioco degli scacchi, la
difesa alla siciliana o delle sue varianti. Schemi in parte
prevedibili, condizionati stavolta da eventi e non da ideologie.
Dal 2001 migliaia
e migliaia di morti e trucidamenti proprio ai confini della
ricca grande Europa, geniale a volte, a volte meschina, l’Europa
delle invenzioni, dell’arte del progresso civile e tecnico,
delle squisitezze ed opulenze della pace, nonché delle
nefandezze oscene, orme evidenti a marcare tale ambiguità.
La caduta del Muro
di Berlino nel 1989 determinò sensazioni di benessere, mentali e
civili, individuali e collettive,
illudendo tutti chi più
chi meno, sul futuro del mondo.
Ha illuso
soprattutto l’est europeo, il medio oriente ed i paesi
mediterranei, tutti nessuno escluso, dalla Francia alla Spagna
agli Stati del Magreb; l’illusione ha colpito duramente
sopratutto l’Italia.
Paese pigro ed
indolente per tradizione, si anima solamente davanti ai pericoli
estremi, che alza la testa quando è molto tardi.
L’Italia è stato
nel primo e nel secondo dopoguerra luogo di rinascenze rinnovate
ideali morali e intellettuali e la genialità di pensatori
artisti e politici hanno illuminato di prospettive l’avvenire.
Poi da quella data
la gratificazione e il mancato rinnovo degli interessi per il
dopo, come un vuoto torricelliano, come una bolla d’aria
impenetrabile, hanno indotto assenza di proponimenti per il
paese; da qui la crisi della politica e del suo svilimento e poi
dal disprezzo per la res
publica alla decadenza delle istituzioni.
Le Università in
crisi nonproducono
che esigui filamenti di approfondimento e la scuola, di
conseguenza, mostra il disagio del paese.
Parte degli
operatori continuano a credere nella loro missione ma, delusi,
spendono gli ultimi scampoli del valore civile della
responsabilità.
Alcuni sostengono
che la eliminazione del confine strategico lungo l’Adriatico,
fra est e ovest, abbia determinato la decadenza dell’Italia, non
più paese strategico, essendosi spostato quel confine a est,
molto aest fino al
Kazakistan.
Può essere! di
fatto però le crisi mediorientali e dell’insieme del mondo
islamico sono un dato reale con loro proprie caratteristiche.
Le vicende
planetarie non sono più scandite dagli equilibri tradizionali
fra paesi produttori e paesi consumatori di petrolio.
Questa circostanza
ed altre, insieme alla economia segnata dalla globalizzazione,
più dalla parte della produzione che non dalla parte della
commercializzazione semprecontrollata dalle multinazionali dei settori, hanno
determinato la decadenza, segnata dalla eliminazione di gran
parte dei così detti differenziali, spesso pubblicizzati come il
segno del riscatto dei popoli.
La eliminazione
dei differenziali di prodotto e di processo, quindi di mercato,
ha messo in crisi il sistema capitalistico-liberale fondato sui
due parametri della scarsezza e della abbondanza, entrambi
fenomeni tendenziali, che hanno mosso da sempre lo sviluppo,
almeno da quando il capitalismo moderno è prevalso sulle
multiforme economie curtensi ed economie della sufficienza e
della sopravvivenza.
Le notizie sul
rafforzamento di nuovi presidi militari occidentali ai confini
con la Russia stanno a significare un ritorno alla rivalità. Non
si sa ancora su quali valutazioni, ma la rivalità torna di
scena.
Paradossalmente
però Occidente e Russia sono costretti dalle circostanze e dalle
convenienze reciproche ad allearsi contro il terrorismo globale,
di Al Quaida dell’Isis del ceceno e di quant’altri si
organizzeranno, di cui è difficile indagare il perché ma di cui
si avverte il senso come di una via d’uscita estrema al disagio
sociale e quindi politico.
Ho avvertito
qualche preoccupazione nelle persone all’apprendere quelle
notizie, di per sé preoccupanti perché suscitano paure e i
fantasmi di sempre.
Intanto l’economia
non fornisce quelle prospettive di sviluppo in cui nel secolo
passato si era confidato e non è avvertibile il modo come
combattere il terrorismo dilagante e pervasivo al cui ricatto
siamo ormai costretti.
Queste due
condizioni potrebbero avere suggerito, senza intese esplicite,
la nuova divisione del mondo, quasi consensuale, per renderne
più controllabili gli eccessi nei territori e più produttivi i
sistemi.
Da aggiungere poi
la grande capacità produttiva di Cina e India e la grandissima
capacità della prima di produrre senza la contemporanea crescita
delle garanzie sociali del lavoro, almeno in maniera
significativa.
Chissà se proprio
l’obiettivo di rendere il mondo maggiormente orientato allo
sviluppo rispetto ad oggi, non sia la ragione della suddivisione
delle aree di influenza in una nuova modalità.
Se fosse così la
paura rimarrebbe ma il
caos e le insicurezze nel futuro di tutti si allontanerebbe di
molto.