I nuovi barbari

il Fondino del 15 Gennaio 2014

I nuovi barbari

Oi barbaroi erano nominati dai Greci coloro che vivevano ai margini delle città stato e fuori delle Istituzioni della democrazia greca.

Erano tutti coloro che non erano Elleni e per questo ignoranti, feroci e rozzi, incolti come coloro che parlano un linguaggio incomprensibile.

Mal vestiti malnutriti ed affamati al contatto con la civiltà greco-romana si organizzano per assetti tribali e con eserciti, dapprincipio solamente orde, con il solo progetto di razziare.

Vittime però di malattie specialmente dovute alla antigienicità dei loro costumi, si affacciano con successo al confronto con l’Impero romano allorchè, questa cosa fra le altre, cominciarono a imitare i romani nel taglio dei capelli.

I Romani infatti li tagliavano regolarmente e tendevano a tagliarne tanti quanti ne potesse contenere una padellina posta sulla testa.

Erano cioè di entità diversa, tanto diversa da essere distinti dai ricchi civilizzati. 

Dal momento della decisione dei barbari di eliminare quelle fluenti maleodoranti capigliature, sedi di pidocchi, i Barbari, più che i galli e i germanici, quelli orientali migliorano le proprie condizioni igieniche e si presenteranno alla storia come popoli che aspirano a consolidarsi.

Ma con ciò non avevano ancora conquistato il benessere economico. Lo conquistano quando, armandosi e presentandosi diversamente da come le loro origini avrebbero suggerito, cominciano ad acquistare credibilità presso i loro popoli e presso i loro nemici civilizzati, come successe per i Goti.

Ovviamente erano poveri e ancora non propriamente popoli e per diventare ricchi e con tradizione e cultura consolidata, hanno dovuto conquistare terre e masserizie e diventare cristiani. La tesi non è condivisa da tutti e in particolare è contraddetta dai postulati delle teorie storicistiche. Ma tant’è.

Poi c’è il salto del primo medioevo di assestamento e della sintesi del prima e del dopo dell’Impero Romano, dell’equilibrio dei barbari ormai non più barbari; e dopo di esso il ritorno alla cultura classica che indurrà la riscoperta del bello e dell'estetico e di tutto ciò che di prezioso ha l'umanità; introdurrà anche quel che sarà la cultura scientifica che spezzerà in due la civiltà del mediterranea, con la  emarginazione di quella araba che non testimonierà né la tecnica né la scienza.

E verrà l’epopea delle dottrine politiche e delle pratiche di riscoperta del valore dell’uomo sociale, fino a quel momento poco considerato, delle sue aspirazione, delle sue stanchezze e delle sue pigrizie, e la borghesia diverrà il focus dello sviluppo delle civiltà.

Naturalmente ogni epoca ha il suo punto di fulgore e il suo punto di decadenza ed oggi la decadenza della borghesia è molto più evidente nei fatti che non nelle teorizzazioni. Cioè è in decadenza davvero, scalfita per nulla dalla lotta novecentesca delle ideologie avverse, epperò corrosa dai suoi vizi antichi di fruire di privilegi, con la mania di strapotere senza utilità, col i vezzi cioè di quelle classi contro cui si affermò:  la classe nobiliare e padronale.

A questo punto lo scenario prevede di nuovo l’apparire dei “barbaroi”.

Nulla è ripetibile, d’accordo, ma molto assomiglia quel che è già accaduto.

Ed i barbari sono oggi coloro che si arricchiscono a spese delle istituzioni e la borghesia lì a compiacersene, mentre dovrebbe avere reazione opposta di difesa e tutela  di quelle istituzioni  storicamente volute propria da essa borghesia

Così è consentito al nuovo barbaro di presentarsi ben vestito e ben rasato e ben pettinato, inghirlandato di ruberie di ogni genere, molcito da chi dovrebbe maltrattarlo come novello cicisbeo per la allegria delle corti decadenti e decadute, sopratutto non riconosciuto come persona dal costume mafioso, sebbene almeno contiguo palesemente alla 'ndrangheta.

Doveroso citare quel che proviene dalle intercettazioni telefoniche di uomini e donne di governo? O citare le quotidiane sgrammaticature di personale politico senza arte e solamente di parte?

In fondo, a proposito dei barbari odierni, si può ben dire, buone nuove da lontano, cattive nuove da vicino.

 

        Franco Petramala