Vincenzo Ottorino Gentiloni, in vista delle elezioni politiche
del 1913 e sostenuto da papa Pio X, stipulò con i liberali di
Giovanni Giolitti un Patto che avrebbe consentito ai cattolici
di presentarsi alle elezioni politiche nelle liste dei liberali,
superandosi di fatto il
“non expedit” impostofino ad allora dalla gerarchia ecclesiastica: così si
inaugurò l'ingresso ufficiale dei cattolici nella vita politica
italiana.
Sarebbero venuti dopo gli anni delle scelte di Luigi Sturzo nel
fondare un partito di cattolici e nell’evitare così l’altra
alternativa di essere ospitati dai socialisti come voleva Romolo
Murri, o appunto di essere inglobati nelle formazioni politiche
elettorali liberali secondo il disegno del patto Gentiloni.
Cosi come sarebbe venuta dopo, la rottura fra cattolici e
socialisti negli anni ’20 del secolo scorso e dopo la prima
guerra mondiale: quella scelta avrebbe agevolato l’ascesa al
potere della dittatura e della cultura fascista del primo e del
secondo Mussolini.
Supponendo che il Centro Destra possa essere definito come lo
schieramento liberale somigliante a quello del 1913 e il Centro
Sinistra come lo schieramento progressista, pur se questa volta
non classista, i cattolici democratici si sono distribuiti fra
il Centro Destra e il Centro Sinistra.
Troppo sottile analizzare le figure dei due leader Berlusconi e
Renzi per non sostenere, sinteticamente, che entrambi dichiarano
la loro ispirazione politico – culturale proprio sul versante
cattolico.
L’osservazione indica che, pur se con un alto tasso di
equivocità, la dichiarazione dell’ispirazione a determinati
valori dei due leader produce la disponibilità ad accettare
cattolici democratici nell’uno e nell’altro schieramento,
indifferentemente incoraggiati ad aderirvi.
In qualche modo questa nostra società “liquida”, ancorchè
impoverita e ispirata al consumo senza sviluppo, realizza una
indifferenza nella connotazione dell’azione politica, e la
distribuzione di presenze cattoliche a destra come a sinistra
lo testimonia.
Ciò vuol dire che la scelta del 1913 non ha più la drammaticità
di quella epoca, essendo indifferente aderire all’una o
all’altra ala dello schieramento parlamentare.
Diciamo che non ha poi questa importanza perché la
considerazione della funzione parlamentare incoraggia la
indifferenza delle scelte e il sistema sociale soffre di
profondi deficit di identità.
Dunque siamo in presenza di una situazione politica in cui non
uno, ma due Patti Gentiloni si sono realizzati, contemporanei,
equidistanti, al medesimo modo ispirati a generici valori,
epperò formali ed inutili per influenzare l’azione politica
diretta o riflessa nella elaborazione dei programmi.
E’ arduo stabilire
quanto la scomparsa di un partito dei cattolici democratici sia
la causa della malferma politica italiana attuale.
Di certo il vuoto
di una presenza di quel genere influisce e si percepisce
chiaramente.
Il Patto Gentiloni
consentì il processo dello sviluppo democratico del Paese.
Lo sdoppiamento del Patto Gentiloni, nel clima di oggi dove le
istanze del cattolicesimo democratico sono diluite e distribuite
ovunque senza che possano distinguersi, fa rischiare al paese
un'altra avventura disastrosa soprattutto perché inconcludente,
favorita dall’indebolimento della “virtù europeistica” e man
mano che aumenta la capacità di decisione di un tipo di Europa,
man mano che diminuisce la possibilità della condivisione delle
scelte di quel tipo di Europa.