I due Patti Gentiloni

il Fondino del 12 Maggio 2014

I due Patti Gentiloni

Vincenzo Ottorino Gentiloni, in vista delle elezioni politiche del 1913 e sostenuto da papa Pio X, stipulò con i liberali di Giovanni Giolitti un Patto che avrebbe consentito ai cattolici di presentarsi alle elezioni politiche nelle liste dei liberali, superandosi  di fatto il “non expedit” imposto  fino ad allora dalla gerarchia ecclesiastica: così si inaugurò l'ingresso ufficiale dei cattolici nella vita politica italiana.

Sarebbero venuti dopo gli anni delle scelte di Luigi Sturzo nel fondare un partito di cattolici e nell’evitare così l’altra alternativa di essere ospitati dai socialisti come voleva Romolo Murri, o appunto di essere inglobati nelle formazioni politiche elettorali liberali secondo il disegno del patto Gentiloni.

Cosi come sarebbe venuta dopo, la rottura fra cattolici e socialisti negli anni ’20 del secolo scorso e dopo la prima guerra mondiale: quella scelta avrebbe agevolato l’ascesa al potere della dittatura e della cultura fascista del primo e del secondo Mussolini.

Supponendo che il Centro Destra possa essere definito come lo schieramento liberale somigliante a quello del 1913 e il Centro Sinistra come lo schieramento progressista, pur se questa volta non classista, i cattolici democratici si sono distribuiti fra il Centro Destra e il Centro Sinistra.

Troppo sottile analizzare le figure dei due leader Berlusconi e Renzi per non sostenere, sinteticamente, che entrambi dichiarano la loro ispirazione politico – culturale proprio sul versante cattolico.

L’osservazione indica che, pur se con un alto tasso di equivocità, la dichiarazione dell’ispirazione a determinati valori dei due leader produce la disponibilità ad accettare cattolici democratici nell’uno e nell’altro schieramento, indifferentemente incoraggiati ad aderirvi.

In qualche modo questa nostra società “liquida”, ancorchè impoverita e ispirata al consumo senza sviluppo, realizza una indifferenza nella connotazione dell’azione politica, e la distribuzione di  presenze cattoliche a destra come a sinistra lo testimonia.

Ciò vuol dire che la scelta del 1913 non ha più la drammaticità di quella epoca, essendo indifferente aderire all’una o all’altra ala dello schieramento parlamentare.

Diciamo che non ha poi questa importanza perché la considerazione della funzione parlamentare incoraggia la indifferenza delle scelte e il sistema sociale soffre di profondi deficit di identità.

Dunque siamo in presenza di una situazione politica in cui non uno, ma due Patti Gentiloni si sono realizzati, contemporanei, equidistanti, al medesimo modo ispirati a generici valori, epperò formali ed inutili per influenzare l’azione politica diretta o riflessa nella elaborazione dei programmi.

E’ arduo stabilire quanto la scomparsa di un partito dei cattolici democratici sia la causa della malferma politica italiana attuale.

Di certo il vuoto di una presenza di quel genere influisce e si percepisce chiaramente.

Il Patto Gentiloni consentì il processo dello sviluppo democratico del Paese.

Lo sdoppiamento del Patto Gentiloni, nel clima di oggi dove le istanze del cattolicesimo democratico sono diluite e distribuite ovunque senza che possano distinguersi, fa rischiare al paese un'altra avventura disastrosa soprattutto perché inconcludente, favorita dall’indebolimento della “virtù europeistica” e man mano che aumenta la capacità di decisione di un tipo di Europa, man mano che diminuisce la possibilità della condivisione delle scelte di quel tipo di Europa.

        Franco Petramala