A
proposito di un editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere
della Sera del 3 agosto 2014: “Preferenze
farina del diavolo.
Messo
così il
dilemma, si pensa sempre agli argomenti negativi prima ancora
che a quelli positivi dell’un sistema o dell’altro.
L’Italia
ha avuto il sistema delle preferenze ma in regime
proporzionalistico.
Ha
avuto anche il sistema senza preferenze ma in regime
maggioritario e fortemente maggioritario.
Quindi
la comparabilità dei sistema delle preferenze soffre la
diversità degli ambienti
Tralasciamo
gli aspetti positivi dei due sistemi e diciamo che l’esperienza
delle preferenze ha contribuito e non poco al degrado, alla
mancata crescita delle società meridionali innanzitutto, alla
superficialità nella selezione delle classi dirigenti e nei
rappresentanti del popolo. O meglio, esisteva un target
all’interno del quale era possibile gareggiare, mai alla parima sufficientemente alla pari.
E’ corretto non sottacere che una
preventiva selezione veniva realizzata attraverso la influenza
delle associazioni, laiche e religiose, che favorivano la
formazione culturale e motivazionale sopratutto dei futuri
dirigenti.
Era
il target della dimensione clientelarea tutto campo, era la interpretazione
della partecipazione e sovrapposizione degli interessi popolari
con quelli delle classi dirigenti.
I
limiti c’erano ed erano tanti e grandi e pia era la illusione
che la preferenza determinasse una scelta del cittadino, libera
e indipendente.
Era
piuttosto la regola non scrittadella appartenenza e della dipendenza
dell’elettore al candidato in una logica moresca di califfati
che veniva motivata con il principio della appartenenza per
cooptazione.
Nel
Mezzogiorno il fenomeno assunse dimensioni spudorate e
perniciose.
Nell’attualità
il sistema senza preferenze ha creato le condizioni specifiche e
terribili di una cerchia sempre più ristretta, si dice dei
cerchi magici o meno, attorno al leader che così ha costruito
una corte nella quale individuare gli unti del signorotto locale
o nazionale. Il sistema dei nominati è odiosoma non più di quello che prevedeva non i
nominati ma…gli individuati da un sistema che, per rafforzare
gli uni, impoveriva l’apporto degli altri. Catastrofico esito !!
I
consigli della corona non ispirano simpatia dai tempi della
rivoluzione liberale; ma li abbiamo adottati in ragione della
esigenza della stabilità.
Se
essa è un valore bisogna perseguirla e non importa se poi alle
ragioni politiche che determinavano mutamenti nelle assemblee,
si sono sostituite unicamente le rivolte di palazzo modestamente
giustificati dal fatto che i beneficati non sopportano più la
riconoscenza.
L’unico
sistema che possa dirsi gradevole per il cittadino è quello
uninominale per collegi, laddove o sono i partiti che indicano i
candidati non escludendo “i senza partito” e quindi senza
sbarramenti; almeno si crea la concorrenzialità in ogni caso.
L’accapigliamento
ovviamente è fra i due sistemi, con e senza preferenze.
Non
appassiona l’alternativa del collegio uninominale che andrebbe
bene sia in ambiente proporzionale sia in ambiente
maggioritario.
Il
perché è nelle povere cose di un paese sempre più impoverito.