Sempre in bilico, provvisorio, “in quarantena”, arguto,
non amava il confrontofino allo sfinimento ed evitava il
confronto serrato,provvedendo il tono del gradevole
colto polemista senza ombra di pedanteria.
La sua stessa esistenza era una polemica permanente verso la
vita o meglio i suoi abitanti, nel suo modo di essere religioso
e soprattutto profondamente cristiano.
La integrità morale con cui affrontava le sue vicissitudini
tanto dolorose e asfissianti che la vita gli aveva propinato fin
dalla sua gioventù, mi dava la sensazione che fosse la
autentica fonte di ispirazione della sua capacità descrittiva
dell’umano cuore.
Non me lo aveva mai riferito ma la breve esistenza di Cristo per
lui era stata la forma della effettiva rinascita, tanto preziosa
da ispirare impazienza.
La sintesi di quel che ricordo di lui è questa, così come
Coriolano Martirano lo descrive in un breve bozzetto di Vincenzo
Ziccarelli Scrittore.
Il suo pessimismo “passionario” è nella epigrafe del suo “Cristo
inutile” del 1961: “A tutti coloro che inutilmente hanno
sofferto per la libertà del mondo a tutti coloro che credono
ancora – nonostante l’inganno passato nonostante i neri presagi
– nell’avvenire del mondo”.
Di lui ricordo anche la speranza fitta e senza timidezze del
racconto dei suoi incontri con Diego Fabbri e degli
apprezzamentidell’ importante critico letterario
cattolico. Ricordo anche la passione per l’Ente teatrale
calabrese, la speranza che attraverso di esso potesse la cultura
calabrese occupare un ruolo di conservazione e vitalità, di
memoria, come le altre culture di un paese assolutamente non
unitario.
Ricordo la luminosità delle scene che impose alle
rappresentazionidella sua “Cristina a ‘spedesa”, per
recuperare il lucore assoluto di una natura a cui non
corrisponde una
società coerente. Ed ancora la sofferenza interiore del
personaggio del suo “Francesco e il re”.
Ma per me Vincenzo Ziccarelli era sempre quel parsimonioso,
timido introverso eppur deciso Presidente della Provincia di
Cosenza che contemporaneamente alla legge Basaglia riuscì a
vincere la battaglia per la soppressione dei manicomi e di
quello di Nocera Inferiore.
Quando la Procura di Paola mi interpellò sostenendo la
necessità, pur nelle difficoltà organizzative e di relazioni
politiche, della sgombero dell’Istituto “Papa
Giovanni XXIII di Serra Aiello”, da responsabile della Sanità
cosentina, dissi immediatamente di si e con impazienza mi misi
al lavoro per eliminare quella occasione di lamentazioni e di
compassionevoli considerazioni, arroganti ed ipocrite di
assoluta portata farisaica.
Accettando quella richiesta meritoria divenni
pungolo a me stesso ed a chiunque nel mettere in atto quel che
sembrava ed era la soluzione cristianamente doverosa: la
chiusura del Papa Giovanni XXIII, dicendo di no apretese contrarie, in buona o cattiva
fede che fossero.
Mille volte andai con il pensiero all’esempio di Ziccarelli che
nel 1975-1978 fece chiudere il manicomio di Nocera Inferiore.
Mi
ispirò sopratutto il suo disprezzo di tutti i condizionamenti
politici e sociali e di ogni genere, compresi i mercantili, che
mi avrebbero consigliato la prudenza.
La risposta era in quell’interrogativo del giovane Ziccarelli.
Cristo è stato inutile?