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il Fondino del 28 Aprile 2013
Inoccupato informale
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Una sera di primavera di molti anni fa,
mi trovavo a Napoli in compagnia di un amico, dirigente di
azienda a partecipazione statale molto nota, che mi
trattenne quasi per forza a trascorrere una serata in quel
di Napoli.
Resistetti perché Napoli mi è stata sempre
estranea, malgrado la cultura del cosentino molto sia dipesa e
dipenda da quella napoletana, malgrado alcuni passaggi obbligati
del sogno intellettuale di qualunque meridionale, da de Filippo
a Totò a Croce, mi
avessero naturalmente influenzato.
Mi misero in crisi anche l’amore per quella
città di due miei fratelli che sono tuttora incantati da Napoli
e dai napoletani, avendovi studiato ed essendo appassionati di
caffè fatto alla napoletana.
Dunque, la resistenza all’invito cortese
del mio amico non fu così strenua, per cui acconsentii ma
solamente per il tempo della cena o meglio per il tempo di una
pizza magari da Ciro a Mergellina.
Si combinò e fu una serata memorabile;
immediata disposizione al sorriso, una volta entrato nella vasta
sala del ristorante, immerso immediatamente nel cicaleccio
tipico di quei locali di Napoli.
Ci accomodammo, ricevuti dagli affabili
camerieri del ristorante ed ordinammo la pizza, pur se il mio
ospite mi proponesse di assaggiare i famosi frutti di mare di
cui impazzivano gli americani nel dopoguerra nei ristoranti tipo
la “Zì Teresa”.
Conoscevo quel ristorante sul lungomare
perché un mio zio mi ci portò da bambino, egli splendido uomo
trasferitosi a Napoli nel dopoguerra e vissuto in quella
“Capitale”.
Ma il ricordo non era dei più felici perché
ci andammo insieme a mio cugino, più grande di me, che dopo due
anni morì in un incidente aereo di ritorno dall’Alaska dove
faceva il militare, essendo anche cittadino americano.
Ma, riprendendo la cronaca di quella pizza,
si presentò al tavolo un signore dall’aspetto disinvolto
occhietti neri e furbi statura media e baffetti alla Aramis; non
si notava un filo di grasso, indossando un pantalone grigio
scuro e una maglietta girocollo azzurro mare con al centro la
scritta: “Ostricaro Fisico”.
Le velleità tipiche di chi ha studiato come
me ed il mio ospite ci indussero, allocchi allocchi, a
domandare; ma signore cosa vuol dire “Ostricaro Fisico” e poi
stampato su una maglietta girocollo ?
Non eravamo ancora nel clima delle
magliette con soprascritto di tutto, dal nome della marca alle
espressioni dove “love” è in uso spropositato, né con scritte
tipo “sole mare” o “ diavolo” o ….che ne so !
Il cameriere speciale si ferma e con una
certa aria di solennità racconta;
Signorì, dovete sapere che al tempo di
Franceschiello un mio antenato era cameriere addetto alla cucina
del Re di Napoli. Era un bel ragazzo
alto occhi neri e viso bello, simpatico e solare.
Un giorno lo notò Franceschiello e gli
disse: “né guaglio’ me l’apri due ostriche? Sei capace? “
Il ragazzo rispose: come nò, Maestà ho
imparato per Lei ad aprire le Ostriche, proprio per servirVi.
Il cameriere giovane aprì le Ostriche e le
servì come si conviene, le irrorò con gocce di fresco e succoso
limone e le porse sul piatto apposito, incoraggiando l’olfatto e
la vista deliziata di Sua Maestà.
Alla fine del pranzo Franceschiello
richiamò “o bello guaglione” e gli disse: “bravo proprio bravo
!”. Sai che ti dico? da oggi ti nomino mio Ostricaro ufficiale e
siccome hai un bel fisico potrai chiamarti ufficialmente
“Ostricaro che Fisico”.
Grazie Maestà per l’alto onere rispose il
ragazzo, Le sarò devoto e grato per sempre.
E così di generazione in generazione quel
nome si trasmise si discendenti del cameriere, epperò cadendo la
“che” rimase solamente “Ostricaro Fisico”.
Egregio signore, ecco la storia del mio
nome scritta sulla maglietta e che io preferisco, per grazia
ricevuta, al mio vero nome che è Antonio Esposito.
Signorì….volete mettere? È come una
medaglia al valore !!
Insomma me la meritai, per la impudenza e
la cialtroneria nell’avere domandato ragione di quell’Ostricaro
Fisico, scritto sulla maglietta color azzurro mare, a quel
napoletano che non aspettava altro se non quella
domanda.
Chi la conosce alzi la mano !
Rispondo anche se non si sa perché la
differenza e quale intellettuale l’abbia inventata.
Inoccupato è colui che non ha mai lavorato,
disoccupato è chi ha perso il lavoro, entrambi comunque hanno a
che fare con l’elenco di disoccupazione.
Ha qualche assonanza tutto ciò con
l’Ostricaro Fisico? No?
C’è qualcuno che non ci crede? Va bene.
Allora rifaccio la domanda:
Che cosa è l’Inoccupato Informale?
Franceschiello non l’avrebbe domandato.
Troppo onesto e troppo colto il Re di Napoli.