La
morte di Priebke. Ci si sarebbe aspettato fosse seppellito, come
è d’uso dopo la morte.
Invece le doverose e sempre commoventi evocazioni del nefasto
terribile evento di cui fu protagonista, le polemiche sulla
sepoltura sul dove e sul come e sul quando.
Sembrava una questione di Stato ed era invece la gestione di una
opportunità. Intanto i tedeschi facevano finta di niente non
potendo negargli accoglienza dopo la morte ma non ritenendo
opportuno che fosse data la loro disponibilità ad accoglierne le
spoglie mortali.
Salvo che un popolare giornale tedesco, il
Sueddeutsche Zeitung,
nessuno arrischiava di dire nulla. Come se corresse ancora per
l’Europa e la Germania l’ombra della supremazia e del “uber
alles”, della missione esistenziale e millenaria.
Né
sappiamo a tutt’oggi l’esito della vicenda; verrebbe di dire:
meglio così. Ed invece non è meglio perché è la conferma della
debolezza dello Stato, del suo nascondere ciò che è scomodo e
con ciò dimostrando di non assumere decisioni in attesa che
altri le assumano.
Non
è diversa la Germania che nicchia e fa orecchio da mercante; non
sembra inattuale il richiamo alla scoperta della debolezza anche
del gigante tedesco che consente di farsi spiare i governanti
“banalmente attraverso le intercettazioni telefoniche e gli sms
e le email”.
L’America appare onnipotente ma non lo è tanto se con il rigore
e la franchezza del giornalismo di grande tradizione, il
“Washington Post” di ieri sosteneva che il nemico dell’America
di oggi non si trova in qualche covo terroristico dello Yemen,
ma nello stesso Parlamento americano enelle stesse massime istituzioni statunitensi dove si
utilizza l’arma della spiata, tecnicamente oggi molto facile,
per conoscere le cose degli altri, alleati e non, con la scusa
della lotta al terrorismo.
Ma
tutto questo con quale orizzonte? Cosa stiamo pensando in questo
mondo convulsionato, dove si stanno disperdendo le certezze che
c’erano alla ricerca di un nuovo che nessuno conosce ? Cosa
immaginiamo?
Dove
è impossibile un minimo di prevedibilità di eventi e di
comportamenti sopratutto istituzionali, in un contesto in cui
non già la società viene valutata “liquida”, ma i sistemi e le
loro competenze appaiono tali come se fossero alla deriva come
se vivessero di vita propria, come se fossero organismi
unicellulari, non nati ma esistenti, frutto di biologie sociali
sconosciute, gelose della loro unicità, naturalmente senza mete
prevedibili.
C’è
poco da far finta di niente. In tanti sostengono “…..almeno
regga l’America” allo sconquasso creato dalla finanza” che con i
suoi giochi sta determinando la crisi profonda delle comunità
nazionali europee e non solamente europee.
Di
questo passo l’America non reggerà perché il tema non è la
conferma degli equilibri finanziari né della ricchezza delle
nazioni né della affermazione del senso di potenza e dei
“destini delle nazioni e delle patrie”.
Il
tema è un umanesimo che si è rappreso è standardizzato, si è
chiuso in egoismi senza futuro e senso comune, quasi stesse
accarezzando un
ritorno a forme primitive di esistenza con la voglia di un
“cupio dissolvi” irrinunciabile come fosse semplicemente un
mutar pelle ed invece….!
La domanda è, dove è la persona, dove è l”io” sapiente ? Dove è
l”io” cosciente?