L’affidabilità dei partiti

il Fondino del 04 Marzo 2013

L’affidabilità dei partiti

Condividi  

Ci sono momenti della vita di una persona o della vita delle collettività in cui ciò che è ovvio non appare tale, ciò che è probabile si allontana dalle comuni sensibilità, ciò che è positivo non “cale” e ciò che è negativo prevale.

Un vecchio costituzionalista osservava che il grido assembleare “Viva il Parlamento” non è mai risuonato al momento della nascita di un governo, piuttosto in occasione della caduta di un governo.

Infatti il Parlamento nasce con al caduta del governo del Re ed il grido di quella liberazione  si perpetua nelle evenienze similari.

Oggi qualunque iniziativa o qualunque espressione positiva si esprima, trova immediatamente la censura della obiezione sulla sua inutilità, sulla sua inadeguatezza, sulla sua strumentalità, sulla non credibilità di chi la enuncia, ancorchè spesso non riflettuta, quasi un riflesso condizionato, un atteggiamento di primitiva espressività.

Al contrario la osservazione di ogni negatività, interpretando lo scontento dilagante e nutrendosi nel mare magnum del disagio progressivo e “universale”, si accredita da sola e senza bisogno di dimostrazione o di sconto della verifica della giustezza della denuncia.

Quante storie hanno avuto credibilità presso il popolo che assisteva alle nenie dei  cantastorie ed alle recite dei teatrini dei pupi, tutt’altro che verificati, ma che disegnavano uno scenario che parlava al cuore ed alla immaginazione degli uomini per quanto semplici?

Così risulta preferibile l’esitante movenza dei burattini recitanti ( o’ tu Orlando vendetta !, a te spetta punire il Cane di Maganza, ovvero Gano di Magonza ! ), al procedere incerto e scontato, indice di vecchiezza e lentissimo degli Ufficiali acquartierati della nomenclatura dei Mandarini. 

Chi fa proposte diventa impopolare e gli si imputa il superfluo dello spazio e del tempo politico che occupa, dappertutto, in televisione come nelle conversazioni, finanche nell’immaginario individuale e collettivo.

Chi non fa proposte si limita ad osservare il vuoto e la carenza; pur se banalmente ovvio, è ascoltato, fosse solamente per il fatto che lo dice, perché lo dice semplicemente, per la familiarità di quel che provoca all’immaginario da tantissimi condiviso.

Non c’è paradosso allora, c’è invece la prova della inadeguatezza a cui il sistema politico è giunto, senza altro aggiungere.

Perché dunque i Partiti sono rifugiati in un contesto di così scarsa credibilità?

Per molte ragioni, moltissime recenti ed alcune meno recenti, comunque indicatori di colpevolezza grave e meno rilevanti, di grave responsabilità certamente e ovviamente segnati da manchevolezza nella prospettiva.

Ma c’è una ragione che di per sé rende poco credibili le proposte dei partiti tradizionali; i Partiti nella loro essenza funzione e ruolo, a prescindere dalla condivisione delle loro proposte, non  possono che essere testimonianza, appunto, di proposte.

Abbiamo dedotto però che le proposte dei partiti non trovano il favore della opinione pubblica prevalente, oltre ogni modo influenzata dal “non credere”, quindi  determinando smarrimento, sconcerto e rifiuto.

Tuttavia si può aggiungere che se le proposte dei partiti non giungono alla normale destinazione, il tema non è il merito della proposta perché essa viene rifiutata comunque, è piuttosto la identificazione sociologica del partito o dei partiti che espongono la proposta.

Il Pd è in debito di identità perché ha voluto coprire le due grandi anime delle ideologie e delle politiche sociali maggiormente in evidenza della prima repubblica, sintetizzando e contraendo tuttavia l’area del consenso.

Il PdL ha tentato un sincretismo di scarsa cognizione delle culture del paese che di principio, nonché nei fatti, non erano comprese nel PD o negli schieramenti alternativi creatisi dal 1993.

Il risultato è stato il consumo di un tempo politico molto lungo, finalizzato ad alimentare non due ideologie, accortamente e dignitosamente aggiornate nella Seconda Repubblica, ma due idiozie che hanno impoverito la singolare capacità dell’Italia di adeguare il sociale e l’economico con il riconoscimento delle diversità e dello sviluppo complessivo orizzontale che ha coinvolto l’intero territorio nazionale; come dice De Rita la grande ricchezza di questo paese, da sempre.

Avere contraddetto quello schema, avere semplificato ogni oltre misura le distanze e le dicotomie, ha ridotto questo paese a vivere male le differenze, testimoniando con un atteggiamento disperato e senza via d’uscita, una insulsa contesa autolesionista, fra il nord che rimprovera al sud sperperi e quantaltro ed il Sud che balbetta ancora rivendicazionismi insulsi e quindi inconcludenti.

Franco Petramala