Italia piccola ma seria.
Riccardo Muti ha così lodato l’Italia della sua
giovinezza, l’Italia degli anni ’50 a cui deve il suo
successo di artista; così nell’intervistaad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera.
Insomma quando si conversa
bisogna decidere con chi condividere. Non si può partecipare ad
una agape e poi decidere le proprie inclinazioni. Quelle devono
esserci da prima e da prima indicarci da che parte stare.
Nella lunga stagione
dell’Italia del Rinascimento dell’ultimo dopoguerra, la società
italiana ha vissuto momenti ineguagliabili di condivisione
politica, secondo il corollario del “credere nel futuro” tutti
insieme da dovunque si provenisse.
Sicchè la scelta vasta e
significativa, tanto frequente da divenire linguaggio corrente,
nel lessico e nel comportamento, senza rischio del
fraintendimento e adatta alle condizioni o a tutte le dinamiche
collettive che incalzavano, che vinceva resistenze “per partito
preso” frantumandone la volgarità e la pochezza, che dava un
senso al momento dell’impegno ed alle attività, nonché al
distendersi dei ragionamenti il cui colore allegrava il contatto
fra le persone, quella scelta vasta e significativa era
semplicemente quella del “Si”.
E sull’onda della piccola
parola è stato costruito un paese più grande più grande, sempre
più grande, solido perché assistito dalla cultura della
Provincia italiana, splendida nei nomi e nelle opere, ancor di
più riconoscente alle utilità delle professioni che hanno
lievitato risorse, assistita da chi raccomandava di non perdere
la dimensione di quel “Si”, generato dalla cultura della
Provincia italiana.
E di conseguenza c’era la disposizione a
risolvere a ritrovarsi sulle soluzioni ad aprirsi al nuovo ed
all’accordo se non alla concordia.
E’ stato il “Si”, dall’inizio della
avventura di questo paese iniziata prima con l’arte ed il
pensiero e poi, faticosamente dopo, con la politica,
a dominare la cultura
italiana e ad offrire il valore descrittivo del paesaggio ed
insieme il valore del brulicare vivace ed incontenibile del suo
lessico popolare.
Dove Il “sì” che suona non è più solo
notazione linguistica. Dire che questo è il paese del “sì”
significa anche dire che in questo paese esiste un affermarsi
della vita. Un sì del vitale e questo Dante lo condivideva.
Si è
interrotta pero, di recente, la poetica del “Si”; sì come la sua
vicinanza alla etica del “Si”.
All’epoca di
Dante le comprendeva il tema religioso e l’idea di Dio, ma se
il medioevo è
incomprensibile senza quella idea, oggi invece è perfettamente
ammissibile questa epoca dell’uomo senza Dio.
Il nichilismo, “l’ospite inquietante della nostra epoca”, come
lo chiamava Nietzsche, fondato sul “No”, porterà alla
comprensione di qualcosa, visti i risvolti diabolici di una
società dai colori ammattiti così dominanti nel novecento, ma
induce alla disperazione finale ed alla somma tragedia dell’uomo
conchiuso nella sua solitudine.
Non possiamo però
ed ancora, ancora continuare a dire i “Si” perché nell’Italia di
oggi non testimoniano più il disvelare la creatività e la
bellezza e l’ottimismo che si mostra, piuttosto è l’adesione
senza giudizio alle infornate di edonismo banale e traverso
senza riparo.
Dobbiamo dire dei
“No”, ma più semplicemente di quel che saremmo portati acredere, dire dei “No” senza spirito nichilista,
semplicemente per fedeltà
alla terra, per impedire che la superficiale gelatina tremolante
nasconda la sostanza di che è fatta la umanità.
Il “No” diventa
così un pezzo di coerenza da utilizzare di fronte alla minaccia
della incoerenza fatta di accondiscendenze, di “si” senza
convinzioni.
I “No” alla
sofferenza e soprattutto quelli che consentano di opporsi alla
sofferenza del disagio sociale, dei disoccupati, dei precari,
dei destinati alla indigenza e sopratutto dei “senza futuro”.
Sempre più spesso
ci si augura che ciò accada, di fronte alle difficoltà di
rintracciare soluzioni adeguate alle regole del vivere civile,
in attesa di riscoprire il senso pieno del convivere nel luogo
dell’incessante andare degli uomini su questo pezzo di mondo,
fortunato perché ha ricevuto la creatività del genio umano.
Dire dei “No” ci
fa rischiare di diventare una Italia più piccola, ma più seria.