Il prossimo vertice europeo del 28 e 29 giugno sembra segnare
una data epocale; di qua la crisi, di là la soluzione della
crisi o la dissoluzione dell’Europa.
Ma l’opinione pubblica questa solennità non la vive, almeno in
Italia, e crediamo anche negli altri paesi.
Si avverte invece che il vertice è una opportunità per i partiti
italiani in vista del loro tentativo di riarmo e di
riposizionamento per affrontare le elezioni a novembre o a
aprile: un poco di distrazione della opinione pubblica allenta
la tensione nei loro confronti, ma questo contemporaneamente
affloscia la virtù democratica e quindi la possibilita' della
rinascita della politica.
Gli esiti li vedremo a breve.
Intanto la Merkel si sbraccia e rincara la dose rispetto a
ieri:“finchè vivrò non ci sarà un debito europeo a sostituire i
debiti nazionali e quindi niente Euro bond”. Così la Cancelliera
allontanerebbe l’assedio di Francia e Italia e Spagna e
soprattutto degli Stati uniti, per indurla a cedere su una
politica di espansione degli investimenti per uscire da una
recessione ogni giorno più pericolosa e defogliante.
È chiaro ormai che le operazioni di speculazione finanziaria che
stanno portando tanti investimenti mobiliari in Germania non
avrà termine se non quando il rischio di quest’ultima di essere
coinvolta in una crisi monetaria, sarà ridottissimo e questo non
avverrà prima di dicembre ed in vista delle elezioni tedesche.
I partiti italiani intanto si disinteressano dei temi economici
e sociali, del lavoroe delle riforme di governo della economia, delegando
tutto a Monti, per cui le “fiducie” in parlamento sono di fatto
auspicate da partiti stessi.
E nemmeno si decidono a fare la nuova legge elettorale, non
promuovono la ristrutturazione dello Stato e non si impegnano
nella revisione del costume della politica che serva di esempio
per il paese, all’evidenza, in profonda crisi di identità.
Ciascun Italiano non è più sicuro del prestigio e della
efficacia delle funzione della scuola, del fisco, dello Stato e
delle Istituzioni, dei Comuni in profonda crisi finanziaria,
seppure gli Enti con maggiore vicinanza al cittadino, delle
Regioni in stato confusionale e dei gestori di servizi
essenziali; la loro familiarità con la vita quotidiana si dirada
sempre di più e la impopolarità di tutti aumenta a dismisura.
Non riesco a sostenere se oggi in un paese in crisi economica
automaticamente vanno in crisi le istituzioni o se le
istituzioni e la loro credibilità, determinano la crisi
economica.
Le connessioni sono tali che è difficile stabilirlo. Non è
difficile invece stabilire che ormai il messaggio assolutamente
necessario debba essere diretto senza la copertura di gratuiti
richiami a chi per la nostra democrazia e la nostra libertàha sacrificato anche la vita.
Dietro questi atteggiamenti persistono parassiti e gabellieri
che nell’immobilismo del sistema e nella sua caratteristica
acquiescenza alla non qualità, rendono quanto mai attuale la
distanza fra il gattopardesco ”deve cambiare tutto perché nulla
cambi” con quello più modesto e “povero” del “non cambi nulla
tanto è inutile”. Tragicamente un annuncio di morte ed
un ennesimo approdo per
il parassitismo.
Tutti proprio tutti possono concludere allo stesso modo; la
crisi sta proprio nella assenza delle condizioni del dopo, nella
sensazione che tutto rimarrà come prima; intollerabile che la
ritualità del richiamo a forti e chiare figure politiche, di
fatto ed al di là delle intenzioni, nasconda la nequizia di
comportamenti scorrettissimi; le morti violente e i sacrifici di
giudici coraggiosi e dalla professionalità indiscutibile non
possono di per sé donare la fiducia incondizionata alla
magistratura copertura peraltro anch’essa assediata dal
decadimento del Paese.
Un sindacato acquiescente e a volte sfidante a volte
sonnacchioso a volte nascosto dietro il sipario per spiar i
fatti e poterli poi descrivere come accaduto per loro merito.