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il Fondino del 26 Luglio 2012
Viviamo nel Peccato
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Adesso i dati della decrescita regione per regione: Aosta +, le
altre tutte meno.
Naturalmente la situazione è più grave al sud se confrontiamo i
dati della disoccupazione e di quella giovanile in particolare.
Ma il dato non fa più scandalo e sopratutto non è significativo.
Così
non è significativo
il dato dello sproposito dello spread, il dato
confortante in un minuto
e depressionario al secondo minuto sulla borsa, né sulla
legge di riforma elettorale. Altra chimera, altro terreno di
gioco delle parti, parti non più molto interessanti.
E poi le vicende giudiziarie, il quotidiano bollettino di
guerra, ascoltando i TG,
una
sequela di immagini di cui faremmo a meno volentieri. Per non
parlare di quelle del Mezzogiorno o della Calabria.
Ma ciò è quel che si vede, non escludendo che ce ne sia di più,
molto di più in ciò che
non si vede.
Se ci fosse una immaginetta sacra a cui, non i fedeli
singolarmente,
ma
tutto il popolo potesse rivolgersi, sarebbe già un viatico non
per vedere tutto il cielo stellato, ma almeno un poco di luce a
cui appellarsi nei momenti
dell’ansia più acuta.
Non sarebbe una misura economica da soloni, ma rallegrerebbe
almeno il cuore.
L’impiegato dell’Enel si lamenta del funzionamento
approssimativo del
servizio telefonico e l’impiegato comunale del servizio
sanitario, quello del servizio sanitario ha molto a che dire del
lavoro dell’impiegato del tal tribunale, così di seguito per non
accennare alla motorizzazione civile o al servizio di raccolta
rifiuti, o a quello
postale,
al servizio ferroviario,
alla condizione dei
lavoratori nelle imprese metal meccaniche, ai precari un giorno
speranzosi e un giorno maltrattati e mortificati oggetto di
tiranneggio da accattoni, quali lavoratori sì ma portatori di
“deminutio capitis”, agli operai
delle industrie in via di delocalizzazione se non già
delocalizzate, ai servizi INPS, a quelli dalle tasse, allo
stillicidio delle bollette gravate dalle tasse e dalle accise
sui carburanti.
Il rischio della riapertura delle scuole e l’ansia dei
ricercatori.
C’è poi
il silenzio dei
morti, delle morti per inquinamento, il silenzio dei malnati, il
silenzio delle vittime dei taglieggiamenti dei potenti e delle
vittime delle mazzette ai colletti bianchi, il silenzio degli
indifesi, dei vilipesi, di chi è stato
ingannato,
uomo della strada o delle istituzioni, c’è il silenzio
dei gabellieri a cui conviene rimanere nell’ombra e ad
essa
sottraendosi
solamente per raccogliere i frutti della aggressione furtiva e
della persecuzione vile.
C’è il silenzio dei clandestini e dei rifugiati neri e asiatici
che ammutoliscono davanti alla insipienza del modo
dell’accoglienza italiana.
C’è il silenzio del fedele che rinnova la fede senza speranza e
di chi rinnova la speranza senza la fede
Il silenzio di chi perdona e non dimentica e di chi dimentica e
non perdona.
C’è il frastuono della indignazione e la mortificazione della
inutilità della indignazione, la pulsione dell’azzannamento
feroce e la tentazione del
“tirare
innanzi”, un
“guarda e
passa”
nobile gesto e
conferma
di impotenza
allo stesso tempo.
E c’è la voglia della passeggiata nel chiostro per secoli
accogliente o del silenzio sospeso e surreale della lettura in
biblioteca,
la voce del
mare sulla spiaggia acciottolata, che raschia in superficie il
brecciolino sulla sabbia.
Tutto, anche le immagini voluttuose non docili del piacere
intenso di sensazioni sentimentali, è come se fossero sprofonde
in un clima vischioso di peccato.
Peccato !!
Franco Petramala