|
|
|
|
|
|
|
il Fondino del 18 Agosto 2012
La Calabria al tempo del colera
Condividi | Tweet |
Il rischio della epidemia non c’è; esiste però la Calabria
ed il pericolo del colera.
Orsù, neanche questo è verosimile; è’ semplicemente la parafrasi
del titolo di un buon film
di
Mike Newell da un romanzo di Gabriele Garcia Marquez
“L’amore al tempo del
colera”, ma ci sta comunque.
In verità in queste occasioni epidemiologiche ci si aspetta che
la guarigione arrivi, definitiva, salvifica ed improvvisa, ma
sempre
da altre parti e
da molto lontano, perché lontano
é nata e si è sviluppata.
Addirittura tendenzialmente si è negata l’esistenza della peste
perché non si vede, come in un quadro del Manzoni, comunque la
guarigione, quella sì,
si
aspetta da Roma.
E’ una storia lunga un secolo e mezzo e passa. Oggi però non
solamente il colera è esteso in quasi tutta Italia, ma proprio a
Roma c’è il clima di rimbambimento generale, suggerendo i
protagonisti di quel luogo istituzionale, placebo ed ancora
placebo, misurandosi, con
ansia, la febbre dello “spread”, ogni santa mezza giornata anzi
spesso ogni ora. Intanto che il colera mieta vittime.
I Sindacati, quasi tutti ormai oggetti non identificabili o
stelle di San Lorenzo, i Partiti ed i ruoli loro propri “ci
sono e non ci sono, parenti e amici o ssanno e nun o’ ssanno e
se levanno attuorno a verità”, come in una poesia di
Eduardo.
Le gente aspetta che il colera finisca e si ritiri, ma ciò tarda
e continua a soffrire di incuria.
Non c’è noia più diffusa di quella del rassegnato senza idee,
senza una fiammella di volontà e di spirito, ed il popolo è
acquattato in attesa dell’annuncio dei mercati finanziari.
Faceva rilevare ieri sul Tempo Mario Sechi che da Craxi,
passando per Amato, Ciampi, Prodi e Berlusconi, con Maastricht i
politici hanno immaginato il “vincolo esterno” come soluzione
per l’Italia, una Italia naturalmente poco politica e molto
burocratica nella sua neghittosità ed impotenza.
Conseguenze: Il debito pubblico galoppa, la pressione fiscale è
la più alta del mondo, la spesa pubblica è arrivata al 123 % del
Pil, la disoccupazione spacca ancora di più il Paese in due, gli
stipendi fermi da dieci anni e quindi il potere d’acquisto del
salario ridotto, il risparmio privato eroso dal prelievo dello
Stato non solamente con le imposte, ma anche per la
contribuzione ai servizi, sanitario, scolastico ecc., la
produzione industriale crollata.
Secondo il Ministro della Economia Grilli la situazione sarà
questa: il deficit
2012 superiore a quello programmato, il pareggio al 2014, senza
aumento della produttività del sistema pubblico-privato e senza
aumento dei consumi, senza riduzione del carico fiscale.
Ma, insomma non è epidemia da colera tutto questo ? !
A Roma qualcuno aspetta la legge elettorale per riproporre il
partito o la colazione che vince e rappresenta.
Ma non è la legge elettorale che può risvegliare l’Italia.
Diceva Sturzo, il Mezzogiorno salvi il Mezzogiorno. Si può dire
l’Italia salvi l’Italia ad iniziare dal Mezzogiorno? francamente
mi sembra una espressione della vecchia Resistenza. Ma il
Mezzogiorno deve fare le sue scelte, decise, nette, senza
infingimenti, quelle che non ha mai fatte, finalmente, per
recuperare quel gap non tanto e non solamente della sua
economia, del suo trend di vita civile, ma del suo stesso
“esserci storico”. Una volta si diceva con i padroni o i
lavoratori.
Oggi deve dirsi: stiamo con lo sviluppo che il Mezzogiorno non
ha ottenuto perché la borghesia del Nord ha impedito che si
sviluppasse la borghesia del Sud, ambiente in cui trovar
conferma la scelta popolare delle classi lavoratrici che con il
loro entusiasmo e
il
loro sacrificio hanno sostenuto l’orgoglio di essere meridionali
con il loro sacrificio di emigranti o la voglia libera o indotta
che sia stata di rimanere in una terra difficile seppur
bellissima nella storia come tutte le storie dei popoli e nella
natura sua unica.
E’ tempo di una scelta di qualità, una scelta che molto cambi,
la scelta per un potere politico che rifletta le volontà di chi
lo esprime.
Da buttare la furbizia idiota di chi vuol indossare la maschera
del rivoluzionario, essendo ancora incamiciato, utilizzando
istituzioni democratiche, insomma usando le Istituzioni come
farebbero i gabellieri, cioè strumentalizzandole, non
considerandole presidi di giustizia e di certezze e di
prospettiva, magari utilizzando qualche debole anello della
catena del consenso democratico.
E ancora Sturzo, il prete di Caltagirone, “ai liberi ed ai
forti” e che il colera finisca come ai suoi tempi ed oggi
ancora.
Franco Petramala