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il Fondino del 16 Giugno 2012
Democrazia rappresentativa
e
Democrazia diretta
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La Democrazia rappresentativa è da considerare una delle
invenzioni più geniali del pensiero umano, espressione di
impegno, responsabilità ed capacità di sintesi al tempo dei
più grandi rivolgimenti della Storia moderna in occidente.
Malgrado i liniti e i rischi nell’immaginare un sistema
rappresentativo compiuto, già nella stessa elaborazione
rousseauiana, il miracolo di pensare
il potere come una
struttura reticolare ed espansa che originava una norma
fondamentale da cui la rappresentanza
degli interessi e dei diritti dei cittadini, è
sicuramente epocale.
La rappresentatività si è andata acconciando in vario modo,
resistendo tuttavia la caratteristica di essere sinonimo di
stato di diritto e soprattutto di
democrazia, pur se in
alcuni momenti sembrava e sembra potersi accettare una
democrazia rappresentativa board line ai confini democratici,
come nei fenomeni delle derive elettorali e plebiscitarie.
Non è tuttavia in crisi il principio di rappresentanza; esiste
invece una inadeguata corrispondenza fra interessi da tutelare e
modalità della tutela, soprattutto in tema di
sistemi di selezione dei
rappresentanti.
Non solamente sul versante delle procedure di selezione ma anche
sulla frequente interruzione fra il popolo e i suoi interessi da
una parte e dall’altra una classe dirigente inadeguata e
pericolosamente non condizionata nell’uso del potere, spesso
incolta nel senso proprio della non consapevolezza della sua
missione.
Così si taglia corto e volendo dare una soluzione ad un problema
reale, si prende una scorciatoia e con fare disinvolto,
sembrando quasi pre rivoluzionario, si dice: passiamo alla
democrazia diretta !
La Democrazia diretta è di per sé uno stadio successivo e più
evoluto della democrazia rappresentativa. Invece nel nostro caso
diventa una alternativa alla rappresentativa, caratteristica di
regime populistici.
Invece cioè di essere una estensione fisiologica della
democrazia rappresentativa, diventa una alternativa e quindi una
negazione della prima.
La responsabilità non è da imputare però a chi la propone nel
suo messaggio mediatico, bensì a chi ha contribuito a
determinare una “religio” della fuga in avanti, al buio, senza
la valutazione delle conseguenze reali.