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il Fondino del 14 Agosto 2012
La risorsa di Loiero era la buona politica
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Ho letto con piacere l’intervento di Pino Vita dal titolo “Di Pietro e le scelte di Loiero” apparso su questo giornale.
Ho ritrovato la consueta essenzialità della analisi di Pino Vita e tuttavia, in amicizia, devo correggere un dato di fatto da cui poi dipende la conclusione del suo ragionamento.
Loiero non lascia il PD e quindi favorisce la vittoria del Centro Destra.
Nella realtà fallisce la coalizione del Centro Sinistra alle elezioni e successivamente Loiero esce dal PD.
Più pregevole invece l’altra osservazione, cioè che sarebbe stato “preferibile e più utile alla causa delle forze progressiste se Loiero fosse rimasto nel PD come punto di riferimento”. Naturalmente considerando il contesto che ancora oggi appare turbolento.
Tanto più che Pino Vita, considerando correttamente il ruolo dello stesso Loiero, al tempo delle Larghe Intese, ha riconosciuto una qualche continuità fra la Presidenza Loiero e la riflessione politica dell’epoca del “Partito di Lamezia”.
Lo stesso Vita mostra disagio a ragionare sull’oggi e chi non lo mostrerebbe ?
Ma quali erano i punti di programma politico dell’epoca di cui parliamo?
1) la ricostruzione dell’unità politica dei calabresi dopo gli strappi dei cinque anni precedenti;
2) la proposta di politiche di solidarietà;
3) la elaborazione autonomistica di programmi di sviluppo con la utilizzazione di strumenti innovativi;
4) la sperimentazione di forme di governo a sostegno delle suddette azioni;
Il terzo è il punto di contatto fra quella esperienza e quella di Loiero.
Così come punto di contatto fra le due esperienze fu nel primo caso, come dice Pino Vita, la interruzione della fase politica dietro le spinte involutive riaffermatisi dopo la scelta del PCI di ritrarsi dalla esperienza disegnata da Moro. Nel secondo caso della sconfitta di Loiero, il rifiuto della componente ex PCI-DS di accettare la portata innovativa e culturalmente evoluta che si stava profilando con l’assenza assoluta di commistioni ed equivoche vicinanze, nonché l’accettazione di una leadership.
Nella sostanza la cultura egemonica del vecchio PCI-DS, malgrado gli anni trascorsi, hanno invelenito il clima della alleanza se non della concordia.
A Loiero però un rimprovero serio va fatto: avere trattato i rapporti nella sinistra come rapporti interni ad un partito “omogeneo” ( il PD ); invece andava gestita la rete relazionale all’interno del PD con tutte le componenti interne, con maggiore efficacia e riconoscimento, contemporaneamente alla valorizzazione delle altre sensibilità della sinistra e che in effetti ci fu.
Quel che fu deficitario nei comportamenti politici di Loiero fu il ritenere la sua presenza esaustiva della valenza politica degli ex cattolici democratici o ex DC, accentuando l’impressione, al di là della sua presenza, di una gestione più tecnocratica che politica. Invece era la buona politica la risorsa più cospicua a disposizione di Loiero.
Non si era accorto che perdurava il sistema delle vecchie appartenenze e delle gelosie riflesse pur se andavano governate e contemperate.
Non è diversa la situazione di oggi nella maggioranza attuale di Centro Destra. Scopelliti, però, conoscendo bene i suoi alleati piccoli e grandi, indica una “Aqaba” da conquistare agli infedeli, inducendo ad atti di fede. Ma lo schema in questo caso è del tutto diverso.
Ma per tornare ai contenuti, la politica degli accorpamenti nella sanità e l’inizio significativo della riduzione del suo deficit, la Stazione Unica Appaltante quale elemento di garanzia prima ancora che di convenienza economica, la movimentazione delle politiche attive del lavoro e le politiche di stabilizzazione del precariato, il rilancio del Porto di Gioia Tauro, le politiche partecipative con gli Enti locali, il clima riformistico malgrado alcune improvvisazioni, sono gli elementi caratteristici della innovazione (ovviamente non i soli ), vanificati da eventi e da volontà successive.
Non così felice, affermo ciò che spesso ho riferito, la gestione di quelle innovazioni applicate alla programmazione dei fondi strutturali, e la stessa individuazione di alcuni gestori inadeguati, la cui opera è stata appaltata all’esterno della Regione e che ha dato non buoni frutti.
Non voglio denigrare il lavoro di chi cerca di fare quel che può. Ma, caro Pino Vita, deluso quanto vuoi, adesso è meglio?
Non è una battuta, è un invito a riflettere e ad uscire tutti dalla foresta, a mettere i piedi per terra e ricominciare a capire dove ci si trova e cosa è meglio per la comunità; è un invito, caro Pino, a riflettere il tempo politico del recupero di una identità che non abbia le sembianze della faida.
Franco Petramala
* dalla prima pagina del "Quotidiano della Calabria" del 13 agosto 2012