Pace

il Fondino del 13 Giugno 2012

Condividi  

Pace ed Europa

Angelo Panebianco, sul Corriere della Sera di ieri, ha scritto un articolo dal titolo “La tentazione nazionalista”, a proposito della tendenza degli europei a misurare il loro europeismo o la loro avversione alla unità europea

Essi testimoniano nel tempo opinioni che tra di loro divergono molto o poco e su alcuni argomenti invece che su altri; a volte hanno la percezione chiara ed immediata, opportunistica o più riflettuta, della esigenza di definire una politica europea che regolamenti lo stare assieme.

Ci sono state finora politiche europee (Industriale, agricola, dei servizi e delle relazioni economiche…), ma non una politica europea.

Ciò che ha valorizzato l’argomentare di Panebianco è il valore dell’idea di Europa unita, né vaga né consolatoria, ma puntuale: “L’europeismo favorisce e  consolida la pace”. Tesi condivisibile.

Lo pace è oggi sicuramente la cifra di valutazione dello sviluppo della umanità, naturalmente questo vale per  il mondo intero ma ancor di più per l’Europa.

 Essa è stata da sempre teatro di numerose lunghe sanguinose guerre, regionali ed  epocali, che hanno caratterizzato la storia non solamente dal tempo della costituzione degli stati nazione, ma da sempre.

L’Unione Europea è avvenuta con la rinascita dal terribile dopoguerra e quello spirito ha animato la politica europeista.

Lo spirito europeista muta però quando la globalizzazione sposta i confini delle sovranità territoriali, effetto dello spostamento dei confini delle economie nazionali.

Da un certo momento in poi non sono gli stati europei, i primi sei e poi gli otto e poi  i dodici e via così, a confrontarsi sulla tesi politica di fondo, ma i mercati finanziari, la speculazione finanziaria, il sistema bancario e i regolatori potenti della moneta e diavolerie del genere. In difetto di uno strumento sovranazionale, funzionale alla nuova sovranità non più nazionale ma sovranazionale.

Dunque più Europa per garantire la pace. Più Europa per costruire la gestione delle nuove sovranità sovranazionali. Non si rientra, né facilmente né in poco tempo, da errori di valutazione come l’adozione pregiudiziale dell’Euro.

Sicuramente non ci sarà più Europa indebolendo i lavoratori e minacciando le loro conquiste nel tempo, nè indebolendo il Welfare attraverso cui si fanno gli investimenti del futuro con la promozione dei servizi essenziali allo sviluppo sociale ma  anche culturale per  dinamiche virtuose di sviluppo.

Sicuramente non gravando la impresa di ulteriori oneri fiscali per consentire la ricostruzione del tessuto imprenditoriale, oggi condizionato e sopraffatto da quello finanziario.

Probabilmente serve un sistema di nuovo solidarismo, propriamente di cultura europea, elemento unificante così come unificante fu l’opzione politica dello  spirito europeista del 1958.

Franco Petramala