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il Fondino del 11 Giugno 2012
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Ia Stanchezza
Anni fa ho letto il “Saggio sulla stanchezza” di Peter Handke,
tra l’altro sceneggiatore del film “Il cielo sopra Berlino” di
Wim Wenders.
Era
chiaramente uno scritto sulla stanchezza del vivere che ci
coglie
quando per
una ragione o per un’altra, non eleviamo più lo sguardo oltre i
limiti del presente.
Nulla di drammatico la stanchezza, ma essa corrode in modo
abbastanza così da essere inquietante come se la stessa banalità
della vita la inducesse.
E’
l’esordio del Saggio che mi colpisce tuttora: “Un tempo
conoscevo soltanto le stanchezze da temere”.
Invece si presentano molto spesso le stanchezze del quotidiano
che non temi perchè appaiono innocue e subdole, che rodono e
consumano in modo silente e accettato fino a diventare
assuefazione, viatico per la immobilità e la decadenza.
Sicchè “la stanchezza nelle aule di scuola dello studente fa
coppia con la non “partecipazione degli insegnanti alla materia”
e finanche l’aria viziata delle aule stanca.
Quali conseguenze, ad esempio, il non saper dire alla propria
compagna di vita ”sono stanco di te”.
O la
stanchezza in compagnia dell’amico, meno grave delle altre
perché non compromissorio come nella accezione in spagnolo,
certamente senza alcun pericolo come invece quelle nascente fra
le giovani coppie.
Non
c’è invece “ la stanchezza di un ricco o di un potente ad
eccezione forse di quelli in disarmo, come il re Edipo e il re
Lear”. Per converso i lavoratori odierni delle fabbriche, pur se
automatizzate, escono dal lavoro stanchi.
Un
giorno, non saprei, ma prima !! si diceva ”lottare contro la
stanchezza. Questo duello nella nostra società sembra non
esserci più”.
Oggi
si dice: “la stanchezza mi può essere amica”.
La
confessione di esser stanchi può impedirmi la depressione per
esempio, può rendere meno conflittuale il disagio sociale o la
contesa su inezie o idiozie, sospensione delle sofferenze,
insomma la stanchezza
può diventare una dimensione della umanità finanche
consolatoria.
Ma
sempre o fino a quando?
Si
ritiene fino a quando quel reticolo delle relazioni sociali non
si squarci ed ancora una volta l’umanità alzerà la testa e vorrà
vedere o immaginare di nuovo il dopo!!!
Franco Petramala