La paura di non farcela

il Fondino del 10 Agosto 2012

La Paura di non farcela

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Ancora non è diffusissima la “paura di non farcela”. Ma prossimamente se ne corre il rischio.

E’ un genere di paura che prende l’individuo così come prende il collettivo, segna il pensiero introverso dell’individuo così come il diffuso disagio comune che  riduce inaspettatamente i tempi della riflessione del contesto sociale.

Cosa scatena la ”paura di non farcela”  nell’individuo ?  La convinzione di non essere in grado di affrontare il mondo che si ritiene difficile se non ostile, anzi, quando lo si avverte tale per un qualche accidente, esplode la contraddizione esistenziale che travolge l’individuo ed il suo mondo più prossimo. I tecnici la chiamano sindrome schizofrenica.

Cosa scatena la “la paura di non farcela”  nella società ?

La competitività sviluppa il narcisismo delle società e mai società è stata più competitiva dell’attuale.  Non si tratta più cioè della tendenza a raggiungere “il possibile” ma, garantiti dalle “certezze” nei progressi tecnologici e dell’artificiale e sopratutto dal ritenere malaccortamente non caduche le conquiste sociali, di porre un solo limite: il gioco per il gioco, l’esistenza per l’esistenza, avendo abbandonato l’idea della circolarità della vita ed avendo preferito la linearità di uno sviluppo che risiede solamente nella dimensione egoistica ed irreligiosa dell’uomo.

Allorchè la gratificazione non si proporziona al godimento delle cose, la società entra in crisi e pone con urgenza l’esigenza di una via d’uscita dallo stato di sofferenza.

Di solito la via d’uscita consiste nella perversa rinuncia alla identità e nel dissolversi nei miraggi favolistici dei facili disvalori.

Ma non esistono soltanto i rifugi estremi. Esistono i rifugi episodici e occasionali, quelli che rimangono effimeri o che diventano cronici, apparentemente meno negativi.

E’ quel che succede alle persone che assumono droghe o che diventano etilisti; succede agli atleti che pur di non rinunciare alla vittoria, ricorrono al doping; è successo da ultimo a Schwarze, l’italiano squalificato e inibito alla partecipazione ai Giochi di Londra dopo avere vinto la 50 km di marcia ai Giochi di Pechino del 2008.

La cosa risalta anche per un motivo non ben sottolineato: l’atletica italiana non ha fatto una bella figura, mostrando deficienze e vuoti incredibili nelle sue partecipazioni. Paradossalmente solamente lo Schwarze veniva dato probabile medagliato alle Olimpiadi.

Dicevamo di una società competitiva; di per sé la società in cui sviluppa la competizione non rivela un aspetto negativo, anzi dà la idea che il numero di chi riesce ad emulare è grande ed aumenta e questo è un fatto positivo di sviluppo complessivo.

Non succede solamente nella competizione sportiva. Tutta la nostra società ha sviluppato in maniera abnorme la competizione, connotata dagli elementi negativi come il disvalore dell’arricchimento ad ogni costo, del carrierismo che precede ogni altra gratificazione, il riscatto sociale affidato al possesso di cose, ricchezze smodate; buste bustarelle gabelle e premi elargiti e pretesi da politici e amministratori per il solo fatto di compiere un dovere civico, a volte bene a volte male, ma comunque corrispondente ai doveri del proprio ruolo.

La diffusione di tali pratiche sono aspetti di una società “drogata”.

Si fa un bel dire, quasi un esorcismo, che il doping e la droga sono patologie degli sportivi o di sprovveduti giovani o di adulti viziosetti; in effetti anche le altre diffuse devianze dalle virtù civili, nella loro normalità, attengono alla società drogata in cui il costume  della competitività è pervasivo ed abnorme.

A proposito delle virtù sportive mi viene in mente ovviamente l’avventura della Josefa Idem, 48 anni compiuti, che ha gareggiato nella gara del kayak 1 alle Olimpiadi.

Splendido esempio di valore sportivo e persona dallo straordinario carattere, da tutti giustamente celebrata. Ma a quella età rispettare gli orari degli allenamenti, la loro durezza…, povero marito !! Sono venuto a sapere che il marito è stato ed è il suo allenatore: povero marito !!

Un po’ come la battuta alla Luciano De Crescenzo che riferisco a memoria: Santippe era petulante e fastidiosa ed ossessiva, ma Socrate . …te lo raccomando !!

Franco Petramala