Il “Sali Scendi”

il Fondino del 10 Febbraio 2013

Il "Sali Scendi" dei Sondaggi elettorali

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C’è  chi si meraviglia del ventilato aumento delle percentuali delle liste di destra nel rilevamento delle intenzioni di voto in questo turno elettorale.

Strano, ma non meravigliava; così come non meravigliavano le percentuali delle intenzioni di voto fin troppo negative per Berlusconi, agli inizi della campagna elettorale.

In Italia la sacca del voto a destra, del voto “contro” il nuovo e contro le politiche  di progresso che coinvolgessero l’intero paese e non solamente le aree storicamente avvantaggiate, comunque non si è mai ridimensionato.

E’ rimasto latente e si è appalesato, a volte prepotente e in altre stagioni assopito.

In questo ventennio, poi, è stato sostenuto dalla prevalenza assoluta delle influenze del Nord ricco e delle “politiche lombarde”, ancorchè inconcludenti, comunque  a scapito di quelle unitarie per l’intero paese, interpretate all’epoca della prima repubblica.

Probabilmente più del venti per cento degli orientamenti elettorali del paese sono influenzati dal voto a destra alimentato da quel che analizza e denuncia Piero Sansonetti sulla progressiva indefinibilità, in questo paese, dei confini fra destra e sinistra e delle loro politiche o programmi.

E’ vera pero anche un’altra cosa, che denuncia lo scarso rigore delle forme di partecipazione dei cittadini alle cose comunitarie e quindi politiche.

E’ vero cioè che la destra tende a individuare aree in cui le alleanze dei gruppi prevalgono sulle ragioni di quelle stesse alleanze. E da qui la fragilità della sua capacità rappresentativa.

E pertanto, al di là di quel che una volta si definivano come “steccati ideologici”, poco si caratterizza e molto si sfuma e si omogenizza.

Questa capacità di assimilazione la destra ha dimostrato di saperla gestire, dall’epoca giolittiana al fascismo a questa berlusconiana attuale.

La scelta del cittadino è una specie di rito che, una volta consumato, svanisce come svaniscono tutti i segni puramente simbolici.

Il fenomeno non è soltanto di oggi in questo paese.

Addirittura risale al sentimento di sfiducia verso le istituzioni, o della sua inutilità, che nei secoli ha caratterizzato la frustrazione di un popolo tendenzialmente incapace a riconoscersi e ritrovarsi in una comunità nazionale, prima e dopo la Unità d’Italia.

E’ la storia di una nazione per tantissimo tempo non ricompresa in una struttura statuale coincidente. E’ la nostra storia antica e meno recente ed anche recente.

Sicchè si evidenzia sempre lo iato fra origine del consenso democratico, ed anche non democratico, e l’evoluzione del Paese.

Se e quando la virtù civile prevale sul disprezzo per l’interesse comunitario e sulla esaltazione degli egoismi territoriali o di casta e dell’arroganza e della violenza ideologica, risaltano i fenomeni di “concentrazione storica” che, lungi dall’essere eventi deterministici, sono caratterizzati dalle casualità della storia.

La Democrazia Cristiana per esempio, riceveva tantissimi consensi, forse in misura prevalente da cittadini che avevano motivazioni di conservazione, anche se ormai democratiche, se non addirittura ispirate da integralismi, sempre incombenti in Italia, non solamente ispirati al “tradizionalismo” ma anche da giacobinismi.

Solamente che la Democrazia Cristiana poi attuava programmi politici segnati da un progressismo coinvolgente, unificante le istanze di chi ispirava la domanda  popolare.

Rimane da osservazione: nessuno può meravigliarsi che il  magma culturale e politico della destra resista, addirittura che emerga eruttando sensazionalismi e mirabolanti illusioni, regalie e sempre le stesse proemialità ai furbetti.

In questo paese c’è e resisterà una consistente sacca di persone e ceti che a quelle iperboli si ispireranno per illudersi ed illudere, che non sfuggiranno allo schema di un conservatorismo senza valori reali da conservare;  legato piuttosto all’egoismo, protetto dalla esposizione del sentimento del “peccato” vissuto in un contesto sfacciatamente blasfemo perché strumentale, per chiudersi altresì ad ogni innovazione e apertura.

Il tema politico di fondo, non sembra essere quello di una pedagogica azione tesa all’assorbimento di quelle sacche, ma del contrasto da operare per consentire  politiche progressiste.

Tale fu la politica degasperiana dell’allargamento delle maggioranze parlamentari, efficace potrebbe risultare la proposta di Bersani di aprire a chiunque voglia dichiarare chiusa una epoca e si dichiari, per ciò stesso, riformatore.   

Franco Petramala