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il Fondino del 02 Novembre 2012
Cambiare è una parola italiana?
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La si usa spesso: si usa “cambiare” per dire che si sostituisce
una persona o una cosa
con
un’altra. Oppure
scegliere qualcosa di diverso rispetto a prima o rispetto ad un
desiderio.
Oppure in forma riflessiva si
può usare per significare il diventare diverso, subire
mutamento. Eppoi nella pratica quotidiana la usiamo come
“cambiare il bambino”, cambiare treno per prendere la
coincidenza con un altro treno.
Oppure
dare in cambio qualcosa o barattare.
Ed ancora “cambiare” sta per “rinnovarsi”, “trasformare” o
“trasformarsi”.
“Cambiare” aria, bandiera, casa, casacca, cavallo, colore,
disco, discorso, faccia, gioco, cambiare la pelle, registro
sesso, strada, cambiare vita.
Perché questa ricchezza di significati e di sfumature
linguistiche? E’ che nella semplice parola “cambiare” c’è una
goccia di filosofia, di etica o di politica, di ribellismo
tentato e di astuzia a vil prezzo, perché cambiare è prendere le
distanze dal presente fino all’utopia.
E’ normale quindi che l’uomo voglia cambiare. Solo Dio non può
cambiare perché è “eterno presente”; l’uomo invece non può che
cambiare per il solo fatto che tende ad immaginare un non
presente, cioè un qualcosa di diverso dal presente.
Sicchè ricordo che nel linguaggio della politica la parola
cambiare è la più usata fino ad arrivare alla teorizzazione del
“cambiamento” come nella proposta politica di Carlo Donat
Cattin, uno dei politici più intelligenti che abbia conosciuto,
ma così smanioso di negare valore all’esistente, pardon al
presente, da assumere, infine, un orientamento errato
contraddicendo lo stesso suo coraggio politico che tutti gli
riconoscevano.
Detto questo, anche io sono stato un ammiratore di Beppe Grillo
che in tanti anni di spettacolo ha sempre mostrato oltre che lo
spirito del grande artista, il coraggio delle sue dissacrazioni.
L’altro giorno ho ascoltato da lui questa frase: il mio
Movimento è per una “rivoluzione conservatrice”.
Mi ha dato da pensare, poiché il Movimento Cinque Stelle è per
il cambiamento e per questo si è tanto accreditato presso il
grande pubblico; egli dice fino alla rivoluzione epperò
coniugata con la conservazione.
Se rifletto i conti non tornano, credo neanche quelli di
chicchesia.
E’ che la parola cambiamento viene usata dagli italiani e per
gli italiani per esorcizzarne il contenuto.
Con tanta sofferenza ma con saggezza il “Gattopardo” aveva ben
presente la contraddizione del dire e del fare il cambiamento in
questo paese.
Mah, avuta appena la notizia del licenziamento di 19 operai
della Fiat di Bagnoli, per compensare i 19 licenziati e
reintegrati dal giudice, dallo sconcerto non riuscivo a
profferir parola e strabuzzavo gli occhi. Non volevo proprio
crederci. Ma che Rivoluzione e rivoluzione, ma che cambiamento e
cambiamento, questo, se non stiamo attenti è un ritorno al
futuro delle rappresaglie e delle decimazioni.
Che si brindi !
Franco Petramala