L’ipertensione arteriosa è
senza dubbio uno dei più importanti fattori di rischio
cardiovascolare (insieme al diabete mellito e le
dislipidemie) sia per l’elevata prevalenza (soltanto in
Italia si contano circa 15 milioni di persone affette,
seppur solo la metà ne è a conoscenza), sia perché può
predisporre allo sviluppo di significative complicanze
cardiovascolari, quali la cardiomiopatia ischemica o
ipertrofica, le aritmie cardiache, l’ictus cerebri
(ischemico ed emorragico), le nefropatie e le vasculopatie
periferiche.
La diagnosi di ipertensione può esser posta sia con la
classica misurazione effettuata dal proprio medico, con il
riscontro in almeno tre misurazioni ripetute di valori
superiori a 140/90mmHg, attraverso l’automisurazione
effettuata dal paziente stesso (metodo maggiormente
consigliato per il controllo della risposta alla terapia
farmacologica), oppure attraverso il monitoraggio pressorio
ambulatorio delle 24 ore, ovvero quell’apparecchio
elettronico che il paziente porta con sé per l’intera
giornata e che consente la reale valutazione del profilo
pressorio del soggetto, valutando ad esempio il
comportamento delle variazioni della pressione correlate con
il grado di attività fisica o il riposo.
Una volta posta diagnosi di ipertensione arteriosa, il
paziente deve sottoporsi ad alcuni esami al fine di
controllare la presenza di un danno a carico dei principali
organi bersaglio (cuore, rene e sistema vascolare) oppure
l’eventuale associazione ad altre malattie con alto rischio
cardiovascolare:
ESAMI EMATOCHIMICI
- Glicemia a digiuno;
- Profilo lipidico (colesterolo totale, LDL, HDL,
trigliceridemia);
- Funzionalità renale (creatinina plasmatica,
azotemia, elettroliti quali sodio, potassio, cloro,
calcio);
- Uricemia;
- Emoglobina ed ematocrito; -
Analisi
delle urine (chimico-fisico, microalbuminuria);
ESAMI STRUMENTALI
- Elettrocardiogramma;
-Ecocardiogramma transtoracico;
- Eco-Doppler carotideo (oppure
valutazione dell’indice pressorio arti inferiori/arti
superiori);
- Esame del fondo oculare; - Monitoraggio pressorio ambulatoriale delle 24 ore;
Questa valutazione “globale” del paziente iperteso è
giustificata dal fatto che essere ipertesi non significa essere
malati, ma avere una maggiore probabilita', rispetto ai pazienti
non ipertesi, di sviluppare complicanze cardiovascolari; tale
possibilita' tende ad aumentare significativamente se si
associano più fattori di rischio, quali il diabete mellito, la
dislipidemia, l’obesità addominale, l’abitudine al fumo, la
presenza di un precedente evento cardiovascolare maggiore e la
familiarità per malattie cardiovascolari.
Da questa valutazione iniziale (definita “rischio
cardiovascolare globale”) dipendono poi le scelte terapeutiche:
quando e come iniziare il trattamento farmacologico; quali
livelli (“target”) pressori raggiungere; l’eventuale
impiego di terapie di associazione.
Sono diverse le classi di farmaci che possono essere
utilizzate (b-bloccanti, calcio-antagonisti, diuretici,
ACE-inibitori, sartani, a-litici), tutti con importante attività
antiipertensiva, ma che si differenziano per le differenti
capacità protettive sugli organi bersaglio e per specifiche
indicazioni in relazione alla coesistenza di specifiche
comorbidità. Elemento cardine del trattamento è sempre un
corretto stile di vita, con l’indicazione allo svolgimento di
un’attività fisica sportiva costante ed adeguata ed un regime
alimentare equilibrato.
Nei soggetti con ipertensione in età giovanile, importante
e precoce danno d’organo o in caso di specifici segni clinici,
bisogna sempre sospettare una forma “secondaria” di ipertensione
arteriosa, ovvero una patologia di base che si associa a rialzi
pressori, condizione che, se trattata specificamente, porta ad
una normalizzazione del profilo pressorio.
PRINCIPALI FORME DI IPERTENSIONE
ARTERIOSA SECONDARIA
- Ipertensione nefroparenchimale e nefrovascolare;
- Iperaldosteronismo
Primario;
- Feocromocitoma;
- Sindrome
di Cushing;
- Sindrome delle apnee ostruttive notturne;
- Iper/ipotiroidismo;
-
Iperparatirodismo Primario;
-
Coartazione dell’aorta;
-
Ipertensione indotta da farmaci;
In tal caso è consigliato effettuare specifiche indagini
In conclusione, l’ipertensione arteriosa è una condizione
ad alta morbilità e mortalità, la cui pericolosità è
giustificata anche dal fatto che spesso si manifesta in maniera
subdola e misconosciuta (sintomi aspecifici possono essere
cefalea, sensazione di testa pesante, ronzii alle orecchie,
vertigini, perdita di sangue dal naso). Sono necessari programmi
di screening sulla popolazione sia per l’individuazione dei
soggetti affetti, che per il monitoraggio della risposta al
trattamento farmacologico ( si calcola che solo un paziente su 4
assume una terapia farmacologica adeguata, mentre soltanto un
paziente su 5 presenta valori pressori nella norma dopo
l’assunzione della terapia antiipertensiva).