“I due carceri di Gramsci”. All’inizio
dell’anno è uscito un saggio di Franco Lo Piparo con il sottotitolo.” La
prigione fascista e il labirinto comunista”.
Si domanda Lo Piparo: Perché i Quaderni dal
carcere sono 33 e non 34, come in origine e più volte annunciato dallo
stesso Togliatti? Un quaderno si è
perduto?
Gramsci
sapeva che Sraffa trasmetteva le sue lettere a Togliatti?
Nonostante la successiva “vulgata” del
Partito, che avrebbe dipinto un Gramsci “morto nelle carceri fasciste”, egli
passò i suoi ultimi due anni e mezzo in libertà condizionale. E’ verosimile
che in quegli anni abbia smesso quasi completamente di scrivere?
E perché non riprese contatti con i vertici
del partito e dell’Internazionale comunista?
Alcune di queste domande sono inedite. Tutte
aspettano ancora risposte convincenti”.
Il tono rischia il “giallo”
storico di moda ma la ricer4ca è molto attendibile.
C’è da condividere la
preoccupazione di chi vorrebbe che non si alimentassero quelle tesi sulla
rivalità o sulla strumentalità dell’atteggiamento di Togliatti, per una
sorta di ostilità al mondo comunista e di parte del PCI per continuare a
fare rimanere Gramsci fuori dalle attività più significative del partito
comunista clandestino.
Così come non vanno sottaciute le
tendenze a “revisionare” profondamente a costo ditirar fuori verità scomode, quel che c’era nel PCI di rivalità e di
lotta per il potere nel partito, utilizzando anche le relazioni segrete
fuori dal partito.
Non saprei decidere sulla disputa. Tuttavia è
suggestivo pensare che il contenuto del Quaderno mancante fosse quello in
cui Gramsci faceva riferimento, anche se in forma “esopica” come la cognata
Tania definisce il di lui raccontare, alla insofferenza ai postulati della
dottrina comunista che caratterizzavano già all’epoca il regime comunista in
Russia e il modello comunista in Europa.
E che la figura di Gramsci
venisse percepita e venga percepita molto diversa da quella di Togliatti è
cosa nota e risaputa; non solamente perché Gramsci rimase dal 1926 al 1934in carcere e Togliatti in Russia, pur esule, ma perché la
intellettualità e la esigenza vitale di ortodossia conclamata del Togliatti,
mal si conciliava con l’acume spregiudicato e intriso di tanta cultura
italiana del novecento, anche di quella liberale e storicistica del
pensatore Gramsci.