Era
di legno l’abitazione per vacanze silane presa in fitto,
essenziale con pochi
mobili, accogliente però e soprattutto calda; una sola finestra
ed un solo balconcino poi
stanzette con letti a castello ed un saloncino più grande per ilpranzo e per starci in compagnia nei pomeriggi
nuvolosi e malinconici;
spesso mentre si faceva buio, lo scroscio dell’acqua monotona e
inesorabile si avventava sulla terra fuori dai pluviali
congestionati.
I
vicini lucani, vacanzieri anch’essi, stavano quasi sempre nella
casa attigua alla nostra, e si udivano di tanto in tanto sul
pianerottolo comune le voci dei più giovani che parlavano a voce
alta con la sicurezza di ragazzi adusi a stare insieme,
coinvolti e sereni appoggiati alla balaustra anch’essa del legno
resinoso di pino.
Ma
io non ero più sereno, preso com’ero da una delle ragazze vicine
di casa, più grande di me almeno di sette anni, bruna slanciata
dalle forme giuste e soprattutto dai colori della pelle e degli
occhi scuri, chè, quando ti fissava, lo sguardo diventava
confidenziale e ti avvolgeva.
Era
gentile e spiccia con l’atteggiamento delle persone già grandi
che non si curano molto degli altri anche senza essere del tutto
distratte.
Stava per laurearsi e ciò le imponeva una seriosità che non le
stava male, anzi non ostentava alcunché. Una personalità che
avvertivo molto gradevole insomma.
Un
giorno ci ritrovammo tutti ad esplorare una vecchia soffitta
pericolante con gli assi sconnessi, così pericolosa da imporre
il percorso carponi per
non urtare la testa e per provare bene bene la consistenza del
pavimento a rischio di crollo.
Era
lei che guidava la spedizione ed in fila un suo cugino della sua
età se non più grande, e una sua cugina di poco più piccola di
età, procace e biondina; avrei voluto starle vicino, era una
buona occasione, ma non riuscii.
La
ragazza biondina era stata imprudente a non indossare i
pantaloni, perché carponi e strusciando le ginocchia, il
percorso risultava non agevole se non a volte doloroso.
Io
dietro, tentato di guardarle sotto la veste, ma pieno zeppo di
sensi di colpa, a metà dello sguardo, tutto diventava furtivo
finchè distoglievo lo sguardo, quasi mi potesse essere
rimproverato.
E mi
spettavo che lo fossi ma nulla del genere avvenne, anche se,
poi, me ne pentii per non avere continuato a sbirciare
alimentando la saporosa sensazione della eccitazione.
Ad
un tratto qualcuno gridò di avere trovato la porticina di un
lucernario e di stare per aprirlo per vedere di sotto.
La
colonna si fermò e la ragazza che mi precedeva si voltò verso di
me e si sedette, un poco affaticata, un poco annoiata di quel
procedere attento e circospetto, un poco o tanto incuriosita da
quel mio sguardo che se lo sentiva addosso, ne ero certo,
immaginandolo solamente.
Temevo che si fosse accorta dello sguardo indiscreto, ma dopo un
prima occhiata senza sensazioni percepibili, accennò ad un
sorriso lieve, con una increspatura graziosa agli angoli della
bocca, le labbra senza trucco ma carnose che diventarono
improvvisamente più rosse ed il viso di un colorito più intenso
nel chiaroscuro della soffitta bassa.
Non
ci fu modo di distogliere il mio sguardo e lei mostrava di
riconoscere la mia reazione e di avvertirla piacevole.
Lo
so, lo so che non mi considerava propriamente un maschio, però
mi sembrava che le facesse piacere e che la divertisse o che,
forse, la eccitasse un pochino.
Stette immobile abbracciandosi le gambe alle ginocchia e ponendo
la fronte in basso sfiorando con il mento l’inizio della coscia
e lo sguardo su di me.
Stette così per un tempo che mi sembrò infinito e
volontariamente lo allungavo, temendo che da un momento
all’altro potessi verificare che tutto non era realtà
Ma
Lei continuava a guardarmi senza parlare con il sorriso che le
scorreva ancora dalle labbra verso il labbro inferiore che
leggermente si allungava pur rimanendo carnoso; mi pareva stesse
leggermente tremando pur in quella penombra fitta fitta.
Mi
avvicinai improvvisamente a lei e in uno scatto di audacia
volendomi mostrare adulto, appressai le mie labbra alle sue, le
sfiorai senza impeto e senza ansia, leggermente premendole,
chiuse le miee un
poco aperte le sue.
Rimanemmo così, non contavano i minuti o i secondi. Non c’era
languore ma la sensazione del sapore nuovo e misterioso
dell’intimità che offriva quel contatto.
Lei
infine si staccò deliziosamente con molta calma e guardandomi
finchè, girandosi del tutto, tornò a procedere carponi
rispondendo alla ignara cugina esploratrice.
La
vestina si era alzata di molto sulle cosce, belle e soavi mentre
le alternava nel movimento e mi venne voglia di toccarle.
Ma
non ci riuscii. Di ritorno in casa mi apparì diversa donna e
consapevole di avere avvertito sensazioni forti, mi dissi,
finalmente erano quelle le sensazioni di sesso.
Era
tutto vero, non era una mia fantasia. La riprova era lei mi
guardava diversamente, non so dire come, ma certamente complice.