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Edmondo Berselli
L'economia giusta
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Edmondo Berselli, purtroppo non è più in vita dal 2010, ma in un passaggio e
nemmeno il più evidente, del suo ultimo saggio “ L’Economia giusta” , si è
domandato: dunque ricchezza
senza nazioni? O economia senza stato?
Ed ancora perchè non Stato in deficit e mercato senza regole?
E tutto questo scandalo delle banche arbitre della fame de mondo; si era fin
qui pensato che le Banche fossero arbitre della ricchezza non della povertà
e dell’impoverimento e dello sviluppo negato.
E questa storia dei licenziamenti più facili per vivificare il dinamismo
dell’ economia? Ci si diverte alla giostrina, non si fa sul serio, vero?
Insomma c’è di che discutere, se
si potesse. Il fatto è che nel momento in cui ci sarebbe bisogno della
discussione, appaiono all’orizzonte i dominatori del pensiero, i “maitres a
penser” di casa nostra, pressocchè tutti ex boiardi di stato e dintorni e
per di più apparendo servitori della patria in veste modesta,
che insegnano inducono, indicano e
costringono il pensiero di tutti e di ciascuno alla monomania del rito per
un “dio europeo”, imponendo il credere come unica ricetta salvifica del
comune mortale, la rituale licenza animistica che esalta gli dei delle
foreste del nord, ispirandosi alla forza della cruenta religione azteca fino
al sacrificio anche umano.
Per non disconoscere quel minimo di spazio che nella cultura occidentale si
era conquistato Cartesio, o per ossequiarne almeno le ossa come celia
Shorto, si proclama….come oggi ha fatto Il Passera, che oggi occorrerebbero
sintesi d’impressionante potenza intellettuale, mentre c’è la sensazione che
le idee siano troppo piccole e che “ideone” ( che termine di raffinata
intellettualità !!!) non ce ne sono. Era Hegel che sosteneva nella sua
Filosofia del del Diritto che i geni esistono; è che sono molto di più i
servi.
Dice bene Berselli che persino “gli apocalittici francofortesi come Adorno e
Marcuse sembrano inadeguati…verso i processi
a cui intendevano rivolgere i fondamenti della loro teoria critica.
Insomma, quella di accettare come sembra a volte faccia la sinistra sociale,
figuriamoci quella politica, che i
lavoratori siano tutti scomparsi, tutti ombre, spostati trasferiti,
delocalizzati e resi fantasmatici o che comunque
abbiamo accettato e assimilato il modelli di una destra -
che a sua volta sostiene il nulla se
non il passar del tempo storico - cioè la combinazione di precariato e bassi
compensi (il prezzo imposto dalla flessibilità).
E’ giusto domandarsi come si può riuscire a mettere insieme l’individualismo
e il consumo, da una parte, e l’uguaglianza e i diritti dall’altra?
Può darsi che il dilemma sia fuori dal tempo o che allo stato sia
irrisolvibile; non per forza tutto deve avere una soluzione. Questo è
semplicemente un cascame idealistico. Mantenere una cosa si può fare:
prender partito!!, giacchè i maestri del pensiero….ancora pensano!!.
Cosa volete….le società progredite di solito proseguono così: rivendicano il
valore del merito per negarlo e così sostenendo, fissano la norma ideologica
del loro sviluppo senza risolvere, ma anche senza rendere radicale lo
scontro per consentire il prosieguo, più agevole, del loro cammino. !!
E’ assolutamente entusiasmante l’immagine che oggi offre lo stato: quella
del guardiano notturno. ( l’immagine è di Berselli ).
Di giorno non serve e tutto fila liscio e quindi non c’e bisogno nemmeno che
ci sia; di notte invece torna utile perché gironzolano i malintenzionati.
E poichè la “ideona” non la ho almeno faccio una semplice riflessione.
Ma è vero o non è vero che lo stato di diritto, gli stati nazionali, la
libera iniziativa imprenditoriale, il liberismo e il liberalismo sono coevi
e fra loro contemporanei?
Mi sbaglio?
Non mi sbaglio…. sono coevi e contemporanei.
Nascono nella stessa epoca e sviluppano assieme i postulati della
filosofia dello sviluppo umano e sociale, naturalmente anche di quello
economico e delle comunità e delle Istituzioni.
E allora mi domando.
Non sembra sconclusionato e da impuniti
meravigliarsi che venendo meno lo stato nazionale e venendo meno la capacità
di sovranità degli stati sulle vicende territoriali, ad iniziare dalla
regolamentazione della economia, tutto si attorcigli in maniera informe, si
raggomitoli, investendo la stessa inumanità dei processi, che può condurre
ad un disastroso “ritorno al futuro”, come nel film di Zemeckis?
Se tanto mi da tanto questi pensatori, più adatti ad interpretare la
caricaturale danza macabra di Saint Saens che la potenza mimica della
primavera di Stravinski, avrebbero
dovuto dedurre semplicemente che la risorsa economica e soprattutto quella
finanziaria dovesse essere riorganizzata da uno stato ammodernato ed
attualizzato, sostenuto dal consenso degli attori principali emergenti alla
fine dell’epoca delle grandezze ( naturalmente accompagnate dalla miserie
delle bassezze ), che sono gli attori del mondo del lavoro, non ombre ma
soggetti e cittadini, maturi dopo la lunga stagione del loro peregrinare
attraverso le società moderne ed il cui percorso ( lo diciamo con enfasi !!
) è stato gratificante per i
risultati, ma duro per un vissuto costantemente minacciato dalla
retribuzione della avversione, fisica morale e poi di emarginazione fino ad
essere minacciato nel tempo presente nella loro stessa corporeità.