Vi spiego perché non sono il "male
assoluto" Pesanti
le bordate non solo contro il centrodestra ma anche nei
confronti di centrosinistra e sindacati
Franco Petramala è un vulcano in
eruzione. L'ex direttore generale dell'Azienda sanitaria
provinciale, di fronte all'intricata vicenda delle 439
stabilizzazioni, non ci sta a passare come "il male assoluto".
Fu proprio lui, nel 2008, ad avviare la procedura per
regolarizzare le posizioni di questi lavoratori, aprendo le
porte al tanto sospirato contratto a tempo indeterminato.
Qualcosa, però, non è andato per il verso giusto: si accese
infatti una disputa sulla regolarità dei titoli posseduti dai
lavoratori. Lo scontro s'è fatto rapidamente furioso,
soprattutto quando il successore di Petramala, il commissario
Franco Maria De Rose, ha sospeso le stabilizzazioni. Oggi, al
posto di De Rose, c'è il direttore generale Gianfranco
Scarpelli, che sta seguendo – con il beneplacito del governatore
Giuseppe Scopelliti – la linea tracciata dal suo predecessore:
chi avrebbe "barato" va assolutamente cacciato, mentre gli altri
possono dormire sonni tranquilli. Le ultime novità sono arrivate
dal vertice che s'è tenuto martedì scorso nel Dipartimento
regionale di tutela della salute: al momento sono 30 le
posizioni irregolari accertate (e già sono partite le lettere di
pre-licenziamento), mentre 70 sono quelli che non dovrebbero
avere particolari problemi. Restano circa 330 persone sui
carboni ardenti: il loro futuro occupazionale dipenderà dalle
decisioni di una nuova commissione di controllo. Ma a prendere
la parola, in maniera dirompente, è ora l'ex direttore generale
dell'Asp da tempo al centro delle polemiche.
- Dottor Petramala, cosa sta
accadendo in questi giorni? E dove nasce tutta questa faccenda
maledettamente complicata?
«Stanno arrivando gli avvisi in
cui si contesta che per alcuni dipendenti non ci sono i
requisiti necessari alla stabilizzazione. Do prima un giudizio:
non si può trattare la materia del lavoro né con crudeltà né con
la voglia di fare del male. Seconda riflessione: la
stabilizzazione era un atto dovuto, necessario per dare
tranquillità ai lavoratori e soddisfare le esigenze
organizzative. Altri hanno sempre inteso ricavare dal rapporto
con i lavoratori, soprattutto quelli precari, un vantaggio, sia
pure a volte soltanto elettorale. La procedura è stata
realizzata nel 2008 con la volontà di pervenire ad un risultato
soddisfacente ed in tempi brevissimi, giacché si sapeva che da
lì a poco non sarebbe stato possibile procedere a causa del
blocco del turn over nazionale. Dopo le elezioni per la
Provincia, nel 2009, si è scatenato l'inferno sui poveri
precari, che sono innocenti».
- Perché esplose solo allora
la vicenda relativa alle 439 stabilizzazioni?
«Queste procedure, deve sapere,
dopo l'esempio di Cosenza sono state addirittura adottate a
Reggio e Catanzaro e lì nulla è successo. Ieri (martedì,
ndr) l'avvocatura della
Regione ha sostenuto di avere dubbi sulla stessa autorizzazione
della Regione, ma il provvedimento regionale è lo stesso per
Cosenza, Catanzaro e Reggio. Stiamo parlando del provvedimento
del 12 dicembre del 2008, che autorizzava tutte le Asp a
procedere con la stabilizzazioni».
- E allora dove sta
l'inghippo?
«Gli stessi funzionari che hanno
firmato i contratti degli stabilizzati, adesso firmano le
lettere di preavviso delle procedure di licenziamento. Le faccio
un esempio eclatante: c'è il caso di un tecnico di laboratorio,
il quale ha lavorato dal 1997 in questo ruolo con l'apposito
titolo. Un funzionario dell'Asp gli fa un primo contratto nel
2004, con rinnovi biennali fino alla stabilizzazione, in sede di
avviso pubblico, cioè con un concorso senza chiamate dirette o
altro, quindi previa la valutazione dei titoli. Adesso lo stesso
funzionario che certificava la regolarità del titolo manda una
lettera che mette in dubbio l'equipollenza del titolo stesso.
Nella medesima lettera di pre-licenziamento, il funzionario Asp
afferma che l'interessato è fornito da sempre della laurea in
scienze biologiche. Dal 2000 in poi, almeno 15 tribunali hanno
affermato che la laurea in scienze biologiche è assorbente del
titolo di tecnico di laboratorio, non solo equivalente. Questi
signori si consentono queste crudeltà».
- Quello che dice è piuttosto
grave. Quali sarebbero i motivi di tutta questa "crudeltà"?
«Non lo so perché. Sostengo una
cosa, come faceva Santi Romano, giurista e fascista:
"All'origine la mafia si formò per reazione ai gabellieri del
vicere di Spagna". Davanti alla prepotenza e alla violenza, si
creano le condizioni più negative per la società. Questa è una
modalità di tortura, è un criterio di decimazione».
- Nelle scorse settimane lei
è uscito allo scoperto, denunciando in Procura il suo
successore, l'ex commissario Franco Maria De Rose.
«Quello di De Rose, cioè la
delibera 777 con la sospensione in autotutela delle
stabilizzazioni, è stato un atto che ha mostrato il carattere di
chi è contro il mondo del lavoro, di chi disprezza il lavoratore
e le istituzioni. La 777 è del 23 febbraio 2011, lui s'è dimesso
il 24 febbraio, il giorno dopo, con l'atteggiamento di chi
scappa. Anzi, dirò che se ancora continuano con questo gioco al
massacro, altri saranno indicati come responsabili di ulteriori
reati. Se le istituzioni più importanti in Italia avessero
reagito in maniera congrua davanti al fascismo, il fascismo non
avrebbe mai attecchito nel nostro Paese».
- Perché sta continuando a
battagliare? In fondo lei è fuori dall'Asp ormai da tempo. E le
prospettive di questi lavoratori sui carboni ardenti quali sono
alla luce di quanto sta accadendo?
«È la mia virtù civile che si
ribella. La prospettiva è che l'Asp di Cosenza deve revocare la
delibera 777, dopo di ciò facessero un'altra commissione, se
vogliono, dopo quattro commissioni, andiamo a verificare le
carte, già verificate dalla mia prima commissione. Tenendo
conto, tuttavia, che intanto sono passati quattro anni e quindi
il tutto va considerato alla luce dell'anzianità di servizio
maturata al primo dicembre 2008 ma anche successivamente. In
maniera farisaica, questi lavoratori potrebbero essere mantenuti
ma a tempo determinato, quindi sempre sotto il tacco per
perpetuare il loro stato di precarietà».
- E che fine faranno quei 30
di cui ormai si dà quasi per certo il licenziamento?
«Per difendersi devono fare una
causa, ma quanto dura? E questi intanto come vivono? Io gli
sconsiglierei di piegarsi al ricatto andando a promettere voti
per ricevere "protezione"».
- Come ha vissuto umanamente
questa vicenda, tra accuse reciproche e il sostanziale
convincimento che sia stato lei a creare questo gran caos? E
l'area politica a cui fa riferimento come l'ha presa? In effetti
sono state poche le uscite pubbliche in sua difesa da parte del
centrosinistra.
«È facile dire che sono deluso,
perché a fronte degli attacchi di una parte politica non c'è
stata la reazione dell'altra parte. Esempi però ci sono stati,
come quello del consigliere regionale del Pd Carlo Guccione. È
pur vero che io non avevo bisogno di essere difeso. L'attacco
non è politico, ma di rabbiosa reazione che dimostra
semplicemente e unicamente crudeltà e superficialità».
- E i sindacati che ruolo
stanno ricoprendo nella vicenda delle stabilizzazioni?
«Non sono contento
dell'atteggiamento del sindacato, perché avrebbe dovuto reagire
ritenendo di non avere di fronte interlocutori ragionevoli, ma
interlocutori chiusi, obbedienti semplicemente all'atteggiamento
ostile».
- Ci chiarisca un punto:
questi famosi requisiti per la stabilizzazione sono o non sono
in ordine?
«Cosa c'entra con la 777? Prima
di mandare sulla strada la gente io ho il dovere di pensarci 150
volte. E questo non è stato fatto, da parte dei miei successori
si è ritenuto di agire credendo che tutto fosse legittimo».
- Ne usciranno i lavoratori
da questa complicata faccenda?
«Mi domando un'altra cosa: ne
usciranno i responsabili di tutta questa violenza? Il vero
problema è che non sanno come uscire dalle proprie incapacità a
risolvere i problemi. I disperati sono loro. Nella lettera che
ho scritto al direttore generale Gianfranco Scarpelli l'ho già
preannunciato: dammi cinque minuti e ti spiego come si realizza
il percorso anche per la gente che dovrà essere stabilizzata in
futuro».
- L'ulteriore controllo sugli
oltre 300 dipendenti in bilico dovrebbe riguardare in modo
particolare il ruolo ricoperto da ognuno nel mantenimento dei
livelli essenziali di assistenza, i cosiddetti Lea.
«Questo è un falso problema,
perché tutte le figure professionali concorrono al perseguimento
dei livelli minimi di assistenza. Si fa riferimento a questa
cosa perché evidentemente si ignorano le norme sui Lea».