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Prof De Lorenzo, recentemente il
Fondo Monetario Internazionale ha sottolineato l’importanza della crisi
economica che, negli ultimi anni, sta interessando differenti strati
della società civile, ribadendo come non esistano più beni considerati
al sicuro.
Negli ultimi decenni, in Italia la spesa in prevenzione ha assorbito una quota marginale della spesa sanitaria pubblica (circa 0.4% alla fine degli anni ’90 e 0.8% nel 2007), per cui risulta indiscussa la necessità di modificare l’atteggiamento nei confronti delle patologie croniche, spesso correlate all’obesità e ad erronei stili di vita, in particolar modo attraverso la promozione di corretti atteggiamenti comportamentali tramite l’adozione di una dieta equilibrata, bilanciata ed adeguata, e l’implementazione di un’attività fisica individualizzata.
Come lo stile
alimentare può interagire con tali situazioni
A riguardo,
diversi sono gli elementi che sono stati correlati allo sviluppo di
obesità in età giovanile, e particolare attenzione è stata posta su
erronee abitudini alimentari, quali una scarsa colazione al mattino, un
insufficiente introito giornaliero di frutta e verdura, un’insufficiente
attività fisica ed un eccessivo tempo dedicato ad attività sedentarie
(come guardare la televisione o i giochi al computer). È stato inoltre
osservato che un’influenza negativa sullo sviluppo dell’obesità
infantile è svolto da alcuni fattori non direttamente di pertinenza
medica, ma di elevato interesse “sociale”: si registra spesso, infatti,
una scarsa percezione da parte dei genitori del reale stato nutrizionale
del proprio figlio, con maggiore possibilità di avere un figlio
obeso/sovrappeso in quelle famiglie in cui il titolo di studio dei
genitori è la licenza media o superiore, rispetto ai figli di genitori
con un titolo di studio maggiore, fenomeno più evidente soprattutto
nelle regioni meridionali.